24.7.05

Paura e coraggio

Ieri è stata una strana ed intensa giornata per molti a Roma.
Il risveglio al mattino era stato turbato dalle ennesime notizie di una strage targata Islam in terra d'Egitto, là dove cercano relax esotico moltissimi turisti occidentali. Cento morti, cento sogni che si infrangono spezzati dalle schegge delle bombe. Sposi in viaggio di nozze, addirittura gente scampata agli attentati di pochi giorni prima a Londra, che cercava relax a Sharm.
La tensione si è impossessata della nostra quotidianità. Quello che prima ci veniva spontaneo ed automatico compiere, la scelta di una metropolitana, l'acquisto di una vacanza, ora suscita inquietudine, paura. Perchè proprio a me....? Perchè no...?
Ma ieri a Roma era anche in programma il concerto degli U2. Molti di quei 70.000 spettatori andando allo stadio si saranno per un momento chiesti se andare fosse prudente. Roma: attendiamo la morte a giorni. Troppi nemici guadagnati in questi anni di muro contro muro, di sordità di fronte a gesti violenti, ma assordanti per quanto espressione di un popolo sottovalutato. Andando allo stadio, sfidando la paura e la sorte, camminando in mezzo ad una folla di giovani, di colori, viene in mente tutto questo. Che senso può avere ascoltare la musica in giornate aperte con il lutto.
Il senso però affiora ingenuo e potente. La voglia di pace, di serenità che è dipinta sul volto di questi ragazzi. Gente che affida ad un gruppo rock la sua voglia di pace, di vita. Nessuno di questi 70.000 ieri sera aveva a che fare con quanto sta succedendo. Camminano abbracciati, con coraggio, il viso arrossato da una domenica trascorsa al sole delle spiaggie di Roma o in fila fuori dai cancelli dello stadio. Ballano sulle sedie mentre la musica scorre potente, fumano, bevono birra. Per loro la vita è molto più semplice e bella della realtà che li soffoca fuori da quello stadio. "Pace!", gridano. Ed è vero, sono stanchi di sentire la morte attorno. Sono giovani, c'è tempo ancora per morire. Sprizzano vita ed amore dai loro occhi, dai loro vestiti pittoreschi. Si ribellano e, per una sera, il mondo sembra in pace sotto il cielo di Roma.

14.7.05

In memoria di un uomo semplice

Quando una persona muore, lascia un grosso vuoto. Quando a morire è una persona cara, il dolore è sordo. Quando la persona cara si era dimostrata di animo buono e aperto, solare e serena, generosa e per bene, la sua morte si conficca dentro di noi e svetta come esempio di vita e obiettivo quotidiano.
Anche la morte a volte può generare dolcezza.

12.7.05

Stragi

7 luglio 2005. I terroristi islamici seminano morte e panico a Londra. Un'altra New York, un'altra Madrid.
L'Occidente conta i suoi morti come se fossero gli unici di questa complessa guerra fra etnie. I morti che incupiscono i dorati marciapiedi delle metropoli occidentali, sembrano contare doppio rispetto alle vittime ugualmente numerose che insanguinano la sabbia delle strade d'Oriente, dove autobus e palazzi, anziani e bambini, saltano in aria con frequenza pressochè quotidiana, ma più silenziosa.
Le grida di vendetta dei leader occidentali suonano alte. Non sento però grida di cambiamento, non scorgo la voglia di cercare nuove diplomazie, di rilanciare un'ONU protagonista, non v'è traccia di un dialogo su cui lavorare.
Muro contro muro andiamo avanti con ottuso coraggio, verso nuove stragi.

4.7.05

L'arte di ascoltare

Viviamo un'epoca che premia le esternazioni. Parlare, scrivere, proclamare, arringare: sono tutti verbi dei nostri tempi, che traducono un bisogno incoercibile di comunicare, di dimostrare la nostra esistenza agli altri. Chi non parla, non esiste. Chi non dà forma esteriore al suo essere, vive una vita apparentemente inutile e vuota.
Questo accavallarsi di personalità svelate e gridate, toglie spazio all'ascolto. Perdiamo la capacità di ascoltare gli altri e soprattutto la sensibilità per comprenderli e per trovare nel loro esempio possibili spunti di arricchimento del nostro carattere.
Ma non parliamo forse tanto, perchè siamo in cerca di qualcuno che ascolti veramente? Non è il nostro un parlare al vento? Se soltanto si centellinassero le parole dette e si decuplicassero gli sforzi per apprezzare quelle degli altri, forse ne guadagneremmo in profondità di pensiero e di dialogo.