27.8.14

Di amore si può morire

Mi colpisce la storia di una persona che ho avuto l'occasione di incontrare dopo molti anni dall'ultima volta che ci eravamo parlati. Ci eravamo frequentati molto da bambini, trascorrendo numerosi pomeriggi estivi a giocare a pallone in una casa di campagna.
Un ragazzo di una famiglia contadina, di modi garbati ma vivace. Poi, crescendo, le strade si sono ovviamente divise ognuno assorbito dai rispettivi e differenti ritmi di lavoro e non più così liberi di dedicarci al calcio o alle esplorazioni della campagna in cerca di more.
Avevo saputo che si era sposato ma che come per molti, il matrimonio non aveva avuto una buona sorte. La moglie l'aveva lasciato e come un personaggio rurale di Verga, lui si era chiuso in se stesso, precipitando in una profonda depressione. Il tutto complicato da un problema di salute non banale, che l'aveva costretto ad un complesso intervento chirurgico ai polmoni. Quest'ultimo malessere l'aveva superato, ma non la depressione, che lentamente aveva finito per bruciargli letteralmente il cervello. 
Oggi rivedendolo quest'uomo mi appare totalmente inebetito. Mi incontra, ma non si ricorda di me. Farfuglia brevi parole incomprensibili. Sorride con lo sguardo perso nel vuoto, immerso in un mondo personale e claustrofobico. Le mie frasi cadono nel vuoto, nessuno dei dettagli che gli fornisco per aiutarlo a ricordarsi del nostro comune passato lo aiuta. Si allontana senza salutarmi. Poi si ferma poco più in lá, sfila di tasca il telefono e scorre la rubrica, forse in cerca del mio nome per poter colmare il vuoto nella sua memoria. Ma non ci siamo mai scambiati un numero di telefono, caro Gabriele...

20.8.14

Customer satisfaction

Capita che in pieno agosto tornando a pranzo dalla spiaggia, ci si ricordi che manca l'olio per cucinare.
Il caldo, la pigrizia, la maggiore vicinanza ci fa preferire un vecchio negozio di alimentari al moderno supermercato distante qualche isolato in più.
Così facendo ci sembra quasi di premiare l'onesta laboriositá di questi commercianti che resistono eroicamente alla spietata concorrenza della grande distribuzione.
Entriamo e ci rendiamo conto di avere poche persone in fila davanti a noi. Bene.
Al di lá del bancone due commessi servono i clienti. Alla cassa non c'è nessuno invece. Ciò ci fa supporre che i due commessi facciano anche funzioni di cassiere di volta in volta.
Potrebbe ancora andar bene. Se non che gli stessi lavoranti si rivelano di una lentezza esasperante, compiendo movimenti al rallentatore e lasciando presagire, vista la fila, un'attesa non accettabile con il caldo dell'ora di pranzo e con il desiderio di una doccia. Mentre dalla porta entrano altri ignari clienti, io mi tiro indietro ed esco dirigendomi immediatamente verso il supermercato.
Da lì, tempo due minuti di orologio, esco con la mia spesa e finanche rinfrescato dall'aria condizionata. Ancora due minuti e sono a casa.
Se il mondo è cambiato e tutto si muove ad una velocità maggiore, piaccia o non piaccia sopravviverá chi si adegua. Ed a fare la differenza sará sempre più la qualità del servizio al cliente.

13.8.14

Maledetto Williams!

Ancora una volta un grande attore hollywoodiano ci lascia in circostanze drammatiche.
Un suicidio che stride con l'ilarità dei molti personaggi interpretati da Robin Williams o con i loro valori simbolo del pensiero positivo americano.
Fa male questo suicidio, perché è espressione di un uomo ucciso da una vita privata dolorosa, fatta di droga, di alcolismo, di matrimoni falliti e di divorzi economicamente massacranti.
Fa male soprattutto perché è maturato nel silenzio della sua vita privata, alimentato dalle ansie di un oblio professionale, senza che nessuno di noi milioni di persone amanti dei suoi film lo  potessimo incoraggiare a vincere i suoi mali, facendogli sentire l'apprezzamento incondizionato che ci legava a lui.
Perché era un attore eccezionale. Poliedrico ed espressivo come pochi, e per questo ora causa di un vuoto incolmabile.

8.8.14

Conversazioni da treno

Ero seduto da circa un'ora in uno scompartimento di un treno. Quei treni che quarant'anni fa sfoggiavano l'appellativo di "Rapido" e oggi hanno dovuto ridimensionarsi ad un più modesto, nonché generico, "Intercity".
Divido lo scompartimento con altre cinque persone: una nonna con un nipotino, un giovane dai capelli lunghi sulle spalle e una barba ancora tenera, due uomini in vista dei sessant'anni. Tutti tacciono, il bambino è prossimo ad addormentarsi, mentre la donna legge accanto a lui.
Approfitto dell'inusuale calma per dedicarmi anche io alla lettura. Ma il mio proposito dura poco.
Malauguratamente il bambino riesce a reclinare il sedile, prolungandolo verso il sedile di fronte, dove si trova uno dei due sessantenni. La nonna porge subito  le sue scuse per l'ingombro che il nipote viene a creare davanti alle gambe dell'uomo ma lui gentilmente sminuisce tale circostanza. La scintilla è pero' ormai scattata: la conversazione decolla vivace. In un attimo vengo a conoscere dettagli personali dei tre, senza che peraltro nessuno ascolti assolutamente l'altro. Ciascuno sembra avere un grande bisogno di sfogare il suo quotidiano del momento, le motivazioni del viaggio, le preoccupazioni o i malesseri passeggeri.
Soltanto quando hanno concluso di mettersi a nudo i miei compagni di viaggio tornano a tacere soddisfatti.