22.9.06

La vanità maschile

Che la società moderna stia evolvendo verso modelli che esaltano il culto dell'apparire non c'è dubbio.
In primo luogo la televisione. Soltanto l' "esserci" sul piccolo schermo dà prova di un'esistenza meritevole di tale nome. In televisione subiamo l'esplosione dei "reality shows", dei format, palcoscenici simil-reali sui quali gente famosa ma anche comune si mette in mostra, esibisce i propri pregi/difetti comuni per rivitalizzare o raggiungere una notorietà altrimenti impossibile. Sui giornali si affollano interviste a personaggi più o meno noti che cercano di scioccare, colpire, distinguersi. Per strada, la moda sfida limiti un tempo impensabili, alla ricerca della provocazione continua o dell'effetto immagine da imitare.
A tutto ciò ormai ci siamo, purtroppo, abituati. Sono fasi evolutive inevitabili che recepiscono - con ritardo provinciale - mode d'oltreoceano, a loro volta indotte da logiche consumistiche e capitalistiche occidentali (ormai non solo).
Si può condividere o meno quanto sopra in base alla propria coscienza personale, alla propria cultura, ai propri ideali e valori. Fa parte della varietà umana, che in fondo rappresenta la ricchezza della nostra specie.
Ciò che mi colpisce è tuttavia come in questo quadro, l'uomo, inteso come essere maschile, abbia perso ogni sicurezza in se stesso e come abbia bisogno di accorgimenti estetici ed esteriori per sentirsi accettato nella società.
E' palese come gran parte di noi riproponga abbigliamenti, accessori, orologi costosi, pettinature, macchine, persino tatuaggi, ritenendoli indispensabili per un profilo da "vincente". Ed è abbastanza evidente come tali abbigliamenti, accessori, etc. etc. siano poi soltanto finalizzati a facilitare le operazioni di seduzione e conquista di un essere femminile. Il quale ultimo evidentemente si dimostra recettivo a tale nuovo tipo di linguaggio estetico maschile.
Pensare che per molti uomini non ci sia altro che questo ripetitivo e ridicolo effetto di azione/reazione, apparenza/conquista, lascia dubitare della possibilità che si torni un giorno a comportamenti maschili più ingenui, sbadati e spontanei, e che si abbandoni la vanità che ha invaso le nostre menti e che molto poco ci appartiene.