28.12.10

La comunicazione frenetica

Uno dei reali fenomeni sociali dell'ultimo decennio è stato il boom della messaggistica via internet o SMS.
I siti Facebook, Twitter e molti altri, o i tradizionali ormai desueti "messaggini" hanno reinventato il modo di comunicare, non so se in meglio o in peggio; certamente in modo diverso da quello cui eravamo abituati.
Reinventato forse non è esatta come espressione, perchè in passato non si comunicava certo così tanto. C'era il telefono, ma il suo costo era molto superiore e richiedeva un contatto diretto non troppo gradito ai più timidi.
Gli italiani - mi riferisco a loro in quanto oggetto di osservazione quotidiana - camminano, vivono e spesso dormono con accanto il cellulare o con un occhio ai social network che seguono con devozione e assuefazione ora anche sullo smartphone. Inconsciamente sentendosi gratificati dal ricevere o nell'inviare "richieste d'amicizia" o messaggi fra il serio e lo scherzoso.
C'è certamente un forte bisogno di comunicare che trapela. Bisogno di comunicare e di far vedere o sapere agli altri che cosa si sta comunicando, che cosa pensiamo o che cosa facciamo, in un planetario Truman Show o Big Brother show.
Ci sarebbe da chiedersi il perchè siamo ormai portati a cercarci continuamente anche quando non ve n'è oggettivamente bisogno. Come fosse cresciuta la paura di ritrovarsi soli ed esclusi da questi luoghi virtuali d'incontro.
C'è molto bisogno di sentirsi oggetto di attenzione. La ricerca frequente del contributo originale e spiritoso. Voglia di apparire, di esserci sempre ed ovunque. Tutti insieme in un gigantesco e frenetico agglomerato di voci scritte. Forse per sfuggire alla normalità, alla routine, al trascorrere del tempo.
Perchè non ci basta più incontrarsi e parlarsi guardandoci negli occhi?

7.12.10

La roba

Mi è di recente tornata in mente la novella "La Roba", scritta da G. Verga.
Ciò che qualifica a mio avviso l'importanza di un'opera è la forza del concetto che l'autore intende esprimere. Ci sono bravissimi autori, che compongono centinaia di pagine con stile impeccabile, con un'attenzione smodata ai dialoghi e ai personaggi.
Ma la trama, l'idea che sta dietro un racconto o un romanzo o una poesia, celano il germe della creazione artistica. Il resto è la cornice, il prezioso contorno che dà forma al nucleo vitale.
Ebbene, mi sono ricordato di questa graziosa novella, trovandomi nella necessità di effettuare dei lavori di ristrutturazione nella mia casa.
Quando ci vediamo costretti a svuotare gli armadi o ad imballare le centinaia di libri, dischi, pellicole, raccoglitori stracolmi di carte, sorge spontanea la domanda se e quanto tutto questo accumulare roba abbia senso.
Da un lato c'è la convinzione che per sentirsi un tutt'uno con l'opera bisogna possederla, conservarla nella sua fisicità esteriore. I libri che leggiamo, i dischi che ascoltiamo, i film che guardiamo, finiscono così impilati sugli scaffali, a testimonianza del loro ingresso nella nostra vita. Come se non bastassero i riflessi permanenti che tali opere hanno prodotto sulle nostre menti nel momento in cui ne abbiamo goduto.
Non ho la verità su questo punto. Anche io mi muovo incerto fra l'istinto di collezionare il mio vissuto artistico e la razionalità del non circondarsi di pareti di roba che, quasi mai, sarà riaperta, rivista, riascoltata. Tacendo poi dei moderni sistemi di memorizzazione informatica, che in pratica ci consentirebbero di smaterializzare gran parte di tali cimeli.
Vorrei trovare il coraggio di liberarmi di questa mole di oggetti, per sentirmi finalmente libero di sapere che tutto ciò che mi serve di essi è ben presente nella mia mente, ed è quindi ogni ora del giorno e della notte costantemente con me.
C'è in questo, forse, anche la nostra debolezza di umani, l'illusione che conservando la materialità che è stata fonte delle nostre emozioni, possiamo dare eternità al nostro vivere terreno.