30.7.13

La grande bellezza

L'ultimo film del regista Sorrentino colpisce. Esco dal cinema con questa impressione di sintesi, il che non vuol dire che mi sia incondizionatamente piaciuto.
Pero' è un'opera che si presta ad essere assimilata secondo diverse prospettive. Un percorso legato alla città di Roma, ma anche una più universale evoluzione involuzione della natura umana alle prese con il disfacimento della società e dei suoi valori, o ancora una riflessione caustica sulla perdita di spessore dell'arte nell'epoca edonistica moderna,  fino ad una lettura quasi religiosa che porta lo spettatore a riflettere sul senso dell'esistenza e sulla morte.
Il personaggio dello scrittore in crisi creativa, interpretato da un gigantesco Toni Servillo, è il cicerone che ci guida in questo intreccio di strade a tratti quasi infernali nella corruzione morale che le contraddistingue. Mentre seguiamo il suo vivacchiare di festa in festa succube del desiderio di mondanità e di visibilità che lo ha portato a Roma, ci imbattiamo in una galleria di personaggi che lui stesso definisce il "niente", ma che al pari di Flaubert, esplora senza successo in cerca di sprazzi di verità assoluta su cui scrivere, in cerca appunto della grande bellezza.
La miriade di spunti, di scorci affascinanti di Roma, di soluzioni cinematografiche e di soggetti felliniani (un omaggio al suo "Roma"?), ci trasporta per due ore e mezzo in un mondo che ci sembra surreale, ma che a guardar bene è il quotidiano che ci avvolge quando usciamo di casa.
Sorrentino esagera forse con la ricerca del nudo a tutti i costi, con una lettura del potere ecclesiastico troppo tagliata con l'accetta, con un suo poco celato snobismo registico, con un "macchiettismo" cui manca il senso della misura di Fellini. Se fosse risultato più asciutto, meno denso di stereotipi, il film poteva essere un capolavoro. Non lo è, ma obbliga a riflettere e questo è già molto.

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