23.10.06

L'arte del quotidiano

Se si è artisti, ed è in gran parte un dono di natura, si ha la fortuna di ricavare dalla propria arte la sublime sensazione di riuscire ad avvicinarsi all'assoluto, afferrando quello che un pò retoricamente si potrebbe definire il senso della vita. Per l'artista la creazione di un'opera costituisce un fine: quando essa viene a compimento, si completa un viaggio sovranormale che mira a sfiorare le soglie della percezione e a sublimare i sensi. Beninteso, le opere d'arte sono molte meno di quelle che si vuole ritenere tali, ma che spesso non sono che degli ottimi prodotti di un artigiano rivolti al mercato dei cultori.
Per noi comuni mortali, l'opera d'arte non può che essere un mezzo per raggiungere le stesse vette. Dovendo dirci grati all'artista, ne sfruttiamo la visione per cogliere il barlume di assoluto che il suo lavoro ha carpito. Ho scritto "cogliere", ma forse avrei dovuto usare la forma "tentare di cogliere", giacché non è sempre facile nè immediato risalire alle fonti dell'ispirazione di un'altra persona.
Però, dov'è che anche un essere comune può ritrovarsi artista? Nel ricavare dalla propria vita delle visioni che lo illuminino d'immenso, degli sprazzi di assoluto che gli rendano chiaro il senso della vita. Penso alla dolcezza di un ricordo, allo splendore di un panorama, alla nobiltà del crescere un figlio o un'amore; penso infine, alla cristallinità e all'essenzialità dei valori cristiani, obiettivo ultimo di uno sforzo quotidiano che senz'altro tende all'assoluto.
Farsi sfuggire gli attimi in cui nel quotidiano tale assoluto ci si rivela: questo è un delitto imperdonabile e che distingue il vivere dal sopravvivere.

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