30.5.14

Père Goriot

Il traffico di Roma mi ha offerto la possibilità di rileggere per la seconda volta, o meglio ascoltare su audiolibro, il bellissimo romanzo Papà Goriot di H. de Balzac.
Non è facilissimo abituarsi all'ascolto di un libro, i bambini sono forse più agevolati di noi, abituati dalle fiabe che vengono raccontate loro e non ancora del tutto succubi della nostra civiltà visiva. Ma giorno dopo giorno il mio sforzo di attenzione ha trovato ricompensa nell'immenso piacere che offrono le cesellate immagini create dal celebre autore francese.
Ricordo che il libro mi piacque enormemente quando lo lessi per la prima volta, e mi schiuse il mondo della Commedia Umana che in seguito avrei approfondito con altre opere mirabili. Oggi a distanza di anni, posso dire con certezza che si tratta del libro più bello in cui mi sia mai imbattuto. Denso di atmosfere, personalità, psicologie, costume, amore, amore paterno soprattutto.
Il Papà narrato da Balzac è un perdente, un uomo di altri tempi, troppo puro per il mondo moderno per restarci a lungo, un mondo dove "basta mettere un piede nel fango per trovarvisi immersi fino al collo".
L'amore del protagonista per le figlie è quanto di più profondo, viscerale ma imperfetto ci possa essere. Un padre che rinnega se stesso, che si addossa tutte le responsabilità dell'universo pur di lasciare immacolata la serenità delle due nobildonne e sottrarle "ad ogni tipo di giustizia, sia essa divina o umana".
E tutti i personaggi, dal loffio ma saggio Vautrin, a Madame Vauquet, alle nobili che ruotano attorno alle vicende del giovane ed ambizioso studente Rastignac, vengono fuori in modo vivido, toccante, facendoci provare il brivido di far parte noi stessi di una storia così vera, come se alloggiassimo con Goriot nella lurida pensione Vauquet, anche noi miseri ma reali personaggi del grande affresco balzachiano. 

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