28.6.05

Cercasi maestro

La società evolve nella direzione verso cui ciascuno di noi la conduce. E' un movimento lento, impercettibile ma costante, implacabile. Simile alla colata di lava incandescente che rotola su se stessa lungo le pendici di un vulcano in eruzione.
Viviamo oggi la società del 2000: diversa da quella del precedente ventennio, ugualmente diversa da quella del ventennio precedente, e così via. In che cosa essa cambia? Gli studiosi potrebbero identificare mutamenti climatici, biologici, fisiologici, lessicali, sociologici, e via dicendo. Mi interessa soffermarmi sui cambiamenti che subiamo/causiamo in termini di morale, di costumi, di senso civico.
Sarebbe facile ed oltremodo semplicistico cogliere un decadimento dei gusti estetici e dei comportamenti, correlato al trascorrere degli anni. Vivere la società moderna implica doversi confrontare con un substrato culturale e storico assai complesso, in presenza di profondi mutamenti politici e grandi slanci di aggregazioni/disaggregazioni etniche e geografiche.
L'Italia, e con essa molti Paesi europei occidentali, vive un'epoca di forti contrasti sociali: gli imponenti flussi di immigrati, la crescente disparità fra i ceti ricchi e quelli medi-bassi, la contrapposizione tra dinamiche centrifughe aggreganti (l'europeismo) e la strenua difesa dell'autonomia nazionale e locale (la Nazione, la Regione), non sono che pochi dei violenti scossoni culturali cui veniamo sottoposti quotidianamente.
Trasformazioni così profonde richiedono un forte senso dell'equilibrio da parte dell'uomo, unità minima essenziale di questo macro-processo in atto. L'uomo, con il suo patrimonio genetico, familiare, culturale, è chiamato ogni giorno a porre in essere centinaia di decisioni e comportamenti che, volontariamente o non, fanno la nostra storia sociale.
All'interno dell'uomo risiedono soprattutto valori morali e senso civico: non importa qui se essi trovino estrinsecazione in un credo religioso o in una fede politica. Ciascuno di noi dovrebbe mettere a disposizione della Società un minimo comun denominatore che sia da fondamenta per un percorso sano, costruttivo e virtuoso.
Eppure, cosa manca oggi?
Assistiamo allo strapotere del dio denaro, che tutto muove e tutto determina. La televisione, i giornali, la politica, il commercio e, purtroppo, spesso l'arte e la cultura, operano con tale unico obiettivo: vendite, audience, pubblicità, numero contatti, potere, etc. Leggiamo giornali che pubblicano di tutto, notizie utili ma anche quelle sostanzialmente inutili o destinate a lettori voyeur che pagano per leggerle; assistiamo a programmi televisivi che plagiano gli spettatori con "droghe" apparentemente innocue fatte di risate trash, personaggi da baraccone, luoghi comuni ripetuti all'infinito, erotismo da audience, esibizionismi di attricette o attorucoli a dir tanto.
Dove è finito il giornalismo asciutto, essenziale, che faccia riflettere, che si ponga il dubbio se una notizia faccia o meno il bene della Società? Tornerà mai una televisione e un cinema che non siano solo mezzi di svago o di raccolta pubblicitaria, ma si pongano quali strumenti di esercizio per la mente?
Le regole morali, il senso civico non dovrebbero venir meno in alcun modo, anche laddove potrebbero andare a scapito dei ricavi.
Noi europei disponiamo di radici culturali solide, di nobili letterati classici, di illuminati avi fra i filosofi, stiamo progressivamente appiattendoci sul mondo in plastica degli americani, sul mondo delle banconote, del business a tutti i costi, delle brutte mode e dei cattivi costumi, della comunicazione di massa, della mercificazione del nulla.
Chi di noi ha più il coraggio di imporsi uno stile di vita che prescinda dai dettami del branco cui appartiene? Chi ha più il coraggio di prescindere dallo status sociale e di sposare le cause dei più deboli? Chi si preoccupa di insegnare i valori basilari alle frange più emarginate della società? Chi di noi ha la forza di far nascere un movimento o una scuola che muova in quella direzione? Chi di noi cede il passo al prossimo?
Cerco il coraggio di qualcuno che inverta la rotta, che si prenda sulle spalle la fatica di dialogare con i giovani per allontanarli dall'illusoria euforia dell'edonismo e della ricchezza, che difenda la vera manifestazione artistica, la vera cultura, la società sana, qualcuno che soprattutto ci educhi avendo non la presunzione ma giusto titolo per farlo.
Dove può andare una società senza maestri?

Quando esce un tuo libro

Da pochi giorni è sul mercato una mia raccolta di racconti (Giri di Giostra - Gruppo Edicom Ed.).
E' il frutto di un lavoro svolto fra il 1998 e il 2003 ed il cui risultato, visto con gli occhi di oggi, mi soddisfa. Pubblicare qualcosa: lasciare qualcosa di se stessi, qualcosa che resta mentre tu passi e vai. Non aspiro ad alcun risultato di vendite. Mi basta aver provato questa sensazione, di dare senso compiuto agli sforzi fatti per afferrare qualcosa che sembra agguantato ma che, all'ultimo, sfugge sempre di mano: il senso della vita. Sono storie semplici, minimaliste e, per questo, spero universali. Le cose più semplici sono quelle di tutti. Volevo scrivere un libro che fosse per tutti.
Ma non mi esalto: è soprattutto una prova per confrontarmi con me stesso nel mestiere di scrittore. Prova superata? Certamente mi dà gli stimoli per andare avanti cimentandomi con un romanzo breve. Difficile dire quando potrà vedere la luce; comunque lo porterò a termine. Un'altra storia semplice, che parla della lotta fra istinto e ragione.

23.6.05

Dove va il cinema?

Non mi considero un esperto di cinema ma un appassionato sì.
Non saprei ricostruire a memoria le cinematografie di questo o di quell'autore, non ho in dote una memoria che mi aiuti a trattenere nel tempo le trame delle pellicole viste, nè soprattutto saprei interpretare un film traendone spunti stilistici, tecnici o comparativi.
Mi considero però un appassionato: nel senso che il posizionarmi davanti ad uno schermo per seguire lo sviluppo di una trama per due ore circa, mi suscita appunto sentimenti di passione, di sincera emozione e trasporto. Da qui, il gusto nel recuperare le copie dei film dei registi preferiti o i libri ricchi di critiche e fotografie: tutto questo per fare quelle immagini mie per sempre.
Da appassionato, incontro tuttavia sempre maggiori difficoltà nel trovare soggetti realmente coinvolgenti e che soprattutto mi emozionino. Troppo spesso il progetto di un film sembra studiato a tavolino per cogliere ben precisi obiettivi, siano essi di commercializzazione, di intellettualismo o di un misto dei due, che forse è la cosa peggiore.
I film sembrano così tutti perfettamente classificabili: c'è la commedia a sfondo romantico, quella a sfondo comico-demenziale, c'è il thriller, c'è l'horror, c'è la cinematografia orientale con i suoi melò molto curati ma spesso molto noiosi, c'è la cinematografia italiana ormai cronicamente convergente su prodotti-fiction di ambientazione borghese e di stampo para-televisivo.
Ovvio, è abbastanza logico che un film trovi una sua catalogazione da parte della casa che lo produce o da parte della stampa che lo presenta. Ma il tutto sembra quasi che avvenga a priori, in modo preconfezionato. Ciò pregiudica la naturalezza della sceneggiatura e soprattutto ne penalizza i contenuti, che si appiattiscono su schemi ripetitivi.
Non amo particolarmente il cinema americano di questi ultimi anni. Mi irrita il sottofondo moraleggiante che lo caratterizza, mi irritano i luoghi comuni di cui è zeppo, i dialoghi mai naturali ma sempre enfatici e recitati/doppiati a ritmi frenetici. Ugualmente mi infastidisce l'abuso di piani temporali sovrapposti e di un ermetismo artificialmente volto a mantenere desta fino alla fine la suspence dello spettatore, così però confondendolo con mille dettagli inutili che allentano la tensione emotiva. La suspence come surrogato di una trama evidentemente non troppo avvincente in sè.
Mi piacerebbe invece vedere storie molto lineari, semplici nello sviluppo narrativo ma profonde e complesse nei sentimenti e nelle atmosfere che le animano. Vorrei appassionarmi alla vicenda (in fondo un film deve raccontare una vicenda) senza dovermi scervellare per fare faticosi collegamenti fra minuziosi dettagli sparsi ad arte fra i metri del film.
Vorrei che potesse ancora nascere qualche grande regista, un altro Hitchcock, un altro Renoir, gente che faccia la storia del cinema, che racconti grandi storie e che non si limiti ad esercizi di stile od a costruire macchine da soldi.
O meglio, il cinema continuerà sempre a produrre film che portino soldi, perchè è di soldi che si nutre. Una volta però con i soldi gli spettatori compravano belle storie, trame coinvolgenti e poetiche, energie di lotta e slanci di impegno sociale; oggi acquistano prodotti senza coraggio, fiacchi nell'impegno del regista e dello sceneggiatore e, di conseguenza, fiacchi nelle emozioni che suscitano.

21.6.05

Per iniziare

Finalmente capisco dove indirizzare veloci riflessioni che altrimenti rinuncerei a ricordare.
Riflessioni che possano interessare altri; niente personalismi quindi!