22.12.11

E' nuovamente Natale

In chiusura di un anno in cui il Paese è stato sottoposto ad una fortissima pressione recessiva dell'economia, ci ritroviamo di fronte ai consueti riti dello shopping frenetico e delle vacanze rigeneranti. Ma senza soldi da sperperare.
Vedo la gente che affronta stancamente la processione nelle strade affollate di traffico, senza la voglia che c'era in passato, come se alla fine pesasse un po' a tutti ritrovarsi alle prese con regali e cenoni.
Mi raccontano che all'estero, in Germania ad esempio, in molte famiglie il Natale è la festa dei bambini e soltanto ai bambini sono riservati gli affascinanti doni. Non sarebbe un esempio da imitare? Abolire i regali fra adulti, la spirale consumistica che ci porta a scegliere costosissimi articoli per i nostri amici e cari, ed a riceverne da loro altrettanti, in un vorticoso giro di denaro che potrebbe trovare scopi ben più solidi.
Il Natale ispira anche riflessioni, perchè sono troppe le persone che elemosinano per le strade, troppe le famiglie che a fatica trovano ogni mese l'indispensabile di cui vivere. Scorgi anche molta ipocrisia e un insopprimibile egocentrismo che porta a dedicare agli altri un ascolto scarso o finto.
Laicamente parlando, prescindendo cioè dal valore religioso della Festa, penso a quanto sarebbe bello se il Natale riuscisse ad essere un momento di forte ascolto interiore, un'occasione da cogliere per cambiare qualcosa del nostro modo di essere che sappiamo non andar bene ma che non abbiamo il coraggio di affrontare. Un raro momento di stacco dalla routine e di clima gioioso come questo, potrebbe essere la migliore circostanza per meditare una ripartenza nuova e su presupposti diversi, finalmente consapevoli che la maleducazione e il disinteresse per gli altri sono un qualcosa che non deve esser parte di noi.
Poi, però, purtroppo ci ritroveremo fra un anno a fare gli stessi sogni ed a correre come invasati per le vie della città, in cerca dei regali più sorprendenti per gli amici ed appaganti per il nostro bisogno di piacere loro.
Buon Natale!

15.12.11

Il romanzo della vita

La sceneggiatura o la trama più entusiasmante in cui ci si possa imbattere è quella che il destino traccia per le nostre vite. Non una migliore o peggiore dell'altra, ma tutte preziose nella loro unicità e per la loro imprevedibilità.

11.12.11

Quando leggi De Lillo dopo Wallace

Ammetto che non ho ancora trovato il coraggio di affrontare la mastondontica voluminosità del D.F.Wallace di Infinite Jest, avendo ripiegato sui suoi racconti. "La ragazza dai capelli strani" e "La cosa più divertente..." hanno suscitato in me sentimenti contrastanti: positivi per certi versi, negativi per altri.
E' difficile leggere Wallace prescindendo dall'idea della sua tragica fine, e quindi, forse a sproposito, talvolta sembra di cogliere in qualche suo passaggio i segni di una mente non sempre padrona di se stessa ed impegnata in percorsi mentali onirici o deliranti. Ho apprezzato comunque le sue grandi doti di umorista e la sua profonda passione per lo scrivere e per la costruzione di personaggi e situazioni.
Mi è capitato però di iniziare a leggere, subito dopo, "Americana" di De Lillo. E non ho tardato a riscoprire le stesse sensazioni di epicità contemporanea che mi avevano conquistato quando lessi "Underworld". Non so se un paragone fra i due scrittori abbia senso: De Lillo mi sembra però irraggiungibile nelle sue vette poetiche e nel ritmo seducente del suo modo di narrare. Mai banale, mai noioso, mai prolisso. Un vero maestro e modello per tanti scrittori americani, che sono tuttavia rimasti sempre confinati a debita distanza, artefici e vittime di un filone letterario che ha acquisito presto i connotati di luogo comune e di moda.
De Lillo no. La sua è vera narrativa moderna americana, fatta in maniera inimitabile ed impareggiabile. Penso che anche Wallace sarebbe d'accordo.

3.12.11

La camomilla e Guccini

Un malessere passeggero che mi coglie durante uno dei miei settimanali viaggi a Milano, mi costringe ad una serata in albergo. Incapace di ingerire cibo, lascio la stanza per raggiungere a tarda ora il bar interno, desideroso soltanto di una camomilla calda.
Vi trovo un uomo sulla sessantina, seduto ad uno dei tavolini del bar. Non ci sono clienti. Quando mi vede si alza rispettoso, rivelando una statura molto contenuta ed una corporatura piuttosto tarchiata. Sul viso l'espressione di un uomo buono.
Mi fa accomodare e solerte prende l'ordinazione. Prima di adempiere alla mia richiesta si dirige verso il bancone, dove spegne con imbarazzo un lettore di compact disc con cui stava ascoltando una canzone di Francesco Guccini. Lo invito a lasciare la musica, perchè mi piace. Dice che è un CD che ha ritrovato sepolto fra le cose vecchie e i bicchieri spaiati, avendo in corso il trasloco del bar in una nuova e moderna ala dell'hotel appena restaurata.
Mi porta una teiera in ceramica e il filtro per l'infusione. Mentre inizio a preparare la camomilla, chiede di potersi sedere al mio tavolo. E mi parla di Guccini e di Pierangelo Bertoli, e di come questi due cantanti abbiano dedicato metà dei loro guadagni alla costruzione di un piccolo ma bellissimo ospedale per bambini a Modena. Una quarantina di posti letto.
Lui è di Foggia e da cinquant'anni vive a Milano. Si lamenta della gente che è troppo spesso maleducata.
Si interrompe per farmi ascoltare "Il vecchio e il bambino"; dice che è una canzone che spesso lo commuove. In effetti è molto bella anche se piuttosto triste. Mi spiega che Guccini la scrisse prendendo spunto da "Il vecchio e il mare" di Hemingway.
Poi riprende il filo del discorso, e mi racconta di un episodio capitatogli in metropolitana, quando una volta, lasciando il passo ad una signora per consentirle l'uscita dal vagone, questa gli si rivolse con scortesia, chiedendogli se non la stesse lasciando passare avanti per poterle guardare il sedere. Al che, ridendo, mi racconta che la sua replica fu "Allora, signora, non c'è problema: passo prima io, così il sedere lo potrà guardare lei a me!", prima di uscire deciso dal convoglio.
Continuiamo a chiacchierare per il tempo che sorseggio la camomilla, poi ci salutiamo.
Risalendo con l'ascensore verso la mia stanza, mi trovo a pensare che a volte la poesia ti viene incontro in modo insospettato.