Ammetto che non ho ancora trovato il coraggio di affrontare la mastondontica voluminosità del D.F.Wallace di Infinite Jest, avendo ripiegato sui suoi racconti. "La ragazza dai capelli strani" e "La cosa più divertente..." hanno suscitato in me sentimenti contrastanti: positivi per certi versi, negativi per altri.
E' difficile leggere Wallace prescindendo dall'idea della sua tragica fine, e quindi, forse a sproposito, talvolta sembra di cogliere in qualche suo passaggio i segni di una mente non sempre padrona di se stessa ed impegnata in percorsi mentali onirici o deliranti. Ho apprezzato comunque le sue grandi doti di umorista e la sua profonda passione per lo scrivere e per la costruzione di personaggi e situazioni.
Mi è capitato però di iniziare a leggere, subito dopo, "Americana" di De Lillo. E non ho tardato a riscoprire le stesse sensazioni di epicità contemporanea che mi avevano conquistato quando lessi "Underworld". Non so se un paragone fra i due scrittori abbia senso: De Lillo mi sembra però irraggiungibile nelle sue vette poetiche e nel ritmo seducente del suo modo di narrare. Mai banale, mai noioso, mai prolisso. Un vero maestro e modello per tanti scrittori americani, che sono tuttavia rimasti sempre confinati a debita distanza, artefici e vittime di un filone letterario che ha acquisito presto i connotati di luogo comune e di moda.
De Lillo no. La sua è vera narrativa moderna americana, fatta in maniera inimitabile ed impareggiabile. Penso che anche Wallace sarebbe d'accordo.
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