3.12.11

La camomilla e Guccini

Un malessere passeggero che mi coglie durante uno dei miei settimanali viaggi a Milano, mi costringe ad una serata in albergo. Incapace di ingerire cibo, lascio la stanza per raggiungere a tarda ora il bar interno, desideroso soltanto di una camomilla calda.
Vi trovo un uomo sulla sessantina, seduto ad uno dei tavolini del bar. Non ci sono clienti. Quando mi vede si alza rispettoso, rivelando una statura molto contenuta ed una corporatura piuttosto tarchiata. Sul viso l'espressione di un uomo buono.
Mi fa accomodare e solerte prende l'ordinazione. Prima di adempiere alla mia richiesta si dirige verso il bancone, dove spegne con imbarazzo un lettore di compact disc con cui stava ascoltando una canzone di Francesco Guccini. Lo invito a lasciare la musica, perchè mi piace. Dice che è un CD che ha ritrovato sepolto fra le cose vecchie e i bicchieri spaiati, avendo in corso il trasloco del bar in una nuova e moderna ala dell'hotel appena restaurata.
Mi porta una teiera in ceramica e il filtro per l'infusione. Mentre inizio a preparare la camomilla, chiede di potersi sedere al mio tavolo. E mi parla di Guccini e di Pierangelo Bertoli, e di come questi due cantanti abbiano dedicato metà dei loro guadagni alla costruzione di un piccolo ma bellissimo ospedale per bambini a Modena. Una quarantina di posti letto.
Lui è di Foggia e da cinquant'anni vive a Milano. Si lamenta della gente che è troppo spesso maleducata.
Si interrompe per farmi ascoltare "Il vecchio e il bambino"; dice che è una canzone che spesso lo commuove. In effetti è molto bella anche se piuttosto triste. Mi spiega che Guccini la scrisse prendendo spunto da "Il vecchio e il mare" di Hemingway.
Poi riprende il filo del discorso, e mi racconta di un episodio capitatogli in metropolitana, quando una volta, lasciando il passo ad una signora per consentirle l'uscita dal vagone, questa gli si rivolse con scortesia, chiedendogli se non la stesse lasciando passare avanti per poterle guardare il sedere. Al che, ridendo, mi racconta che la sua replica fu "Allora, signora, non c'è problema: passo prima io, così il sedere lo potrà guardare lei a me!", prima di uscire deciso dal convoglio.
Continuiamo a chiacchierare per il tempo che sorseggio la camomilla, poi ci salutiamo.
Risalendo con l'ascensore verso la mia stanza, mi trovo a pensare che a volte la poesia ti viene incontro in modo insospettato.

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