28.2.08

Una fotografia

Mi fermo innanzi ad uno scorcio che trovo incantevole.
Cosa ha di particolare mi è subito chiaro. E' vuoto di cose, eppure risulta pieno. E' un campo, un manto terroso predisposto a grano. Ma non è epoca di raccolto, fatto che non è ancora molto. Sicchè non sembra torba quella che invece lo è, ma un panno di fustagno.
La sua superficie occupa l'esatta metà del mio campo visivo. Una linea orizzontale che taglia l'immagine da sinistra a destra, ne delimità i confini, mutandola improvvisamente in cielo.
Noto il rapido passare di nuvole bianche e grigie. Il cielo è ricolmo di azzurro e di grigio. Ma non pioverà quel giorno, perchè il carico di umidità andrà a rovesciarsi a chilometri di distanza. Su quel campo, invece, le nuvole scorreranno veloci e la loro ombra accarezzerà silenziosa il terreno fino a sera.
Poi, là dove la terra si fa cielo, sorge una casa. E' bassa e larga. C'è spazio per una sola fila di finestre, tre sul lato più lungo, due sull'altro. E' bianca nelle mura e nei comignoli, marrone scuro il suo tetto. Emana la quiete che è propria delle opere secolari. La stessa quiete liberata da un ulivo che, solitario, affonda le radici in prossimità di essa. Due vittoriosi sul tempo, che dialogano con il silenzio di chi si è detto tutto e non necessita di altri suoni per comprendersi.
Il campo, il cielo, le nuvole, la casa, l'ulivo. Non c'è altro in ciò che vedo. Ma mi basta: è tutto.

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