18.3.09

I misteri del caffé

Milioni di persone, soprattutto italiani, sono soliti concedersi un caffé a conclusione di un pasto, generalmente quello di mezzodì.
Non è chiaro se ciò sia: a) frutto di un'abitudine; b) utile al processo digestivo; c) espressione di un inconscio attaccamento alle tradizioni popolari; d) espressione del desiderio di degustare il sapore della bevanda; e) un mix di tutte queste cose.
Trovo però fastidiosi l'assembramento di gente che tenta di rubarsi lo spazio davanti al bancone dove vengono serviti i caffè o la fantasia degli avventori che richiedono al barista le più complesse combinazioni tra tazza, tazzina, vetro, con schiuma o con cremina, macchiato, lungo o ristretto, tazzina calda o tazzina fredda, etc., ed ancor più mi respinge il veder rimescolare la tazzina per raccogliervi gli ultimi fondi prima della sorsata finale. Senza dimenticare la sonnolenza che immediatamente mi pervade non appena ingurgitata la densa e schiumosa miscela, che dovrebbe eccitare ed invece deprime ancor più i già offuscati sensi del dopo pranzo.
Eppure, ogni volta mi ritrovo lì ad assecondare la proposta di qualche amico che mi invita a prendere un caffè con lui.

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