25.2.13

Il karaoke di Bill Murray


"Lost in translation" è stato un ottimo film di Sofia Coppola, anno  2003. Ogni volta che lo rivedo mi lascia la stessa sensazione di freschezza e originalità della prima volta.
Ogni volta mi lascio emozionare dall'acerba storia d'amore fra i due protagonisti. Ed ogni volta mi commuove la scena del karaoke, in cui Bill Murray, stordito dal sonno e dall'alcol, canta con voce sbiascicata "More than this" (di Brian Ferry) ad una Scarlett Johansson ormai sedotta da lui.

22.2.13

Mode lessicali

E’ interessante come anche nel lessico che utilizziamo quotidianamente, tendano a trovare spazio modi di dire passeggeri e legati a vere e proprie mode. Mi vengono alla mente alcuni esempi.
C’è stato un periodo in cui ci piaceva molto inserire nei discorsi qualche parola, magari estranea rispetto al contesto di un discorso, accompagnandola con l’indice e medio delle due mani, a significare che quella parola la si diceva tra virgolette… Tutti all’improvviso usavano le virgolette a getto continuo.
Oppure, tempo fa, per spiegare che un certo comportamento lo sentivamo o non lo sentivamo nostro, avevamo preso l’usanza di dire che era o non era “nelle nostre corde”, ciò facendoci sentire quasi artisti nelle nostre inclinazioni.
Oggi, mi capita spesso di sentire l’intercalare “lasciami dire” o “fammi dire”, per precisare che quello che stiamo dicendo sappiamo essere improprio o non totalmente corretto, ma che chiediamo che ci venga eccezionalmente passato.
Sembrerà strano, ma è come al ristorante, quando nei menù si diffusero via via piatti tipo il tirami su, la panna cotta, i pomodori pachino e la mozzarella di bufala, o il tortino al cioccolato con l’interno fondente.
Che strani esseri viventi che siamo..! Quanto c’è ancora di animalesco in noi nel volerci sempre riconoscere all'interno di un branco.



12.2.13

Papa Ratzinger come Celestino V

Con un colpo di scena degno del miglior cinema, Papa Ratzinger ha rimesso il suo mandato a far tempo dal 28 febbraio.
Non è facile fare un commento su un simile gesto; non dopo un pontificato come quello di Papa Wojtyla il cui epilogo ha raggiunto vette tipiche di un vero e proprio martirio per la causa, e dove il sostenere il peso della Croce ha assunto un significato di eccezionale profondità.
Se la si guarda da questo punto di vista, la decisione di Benedetto XVI appare poco condivisibile e segno di arrendevolezza di fronte ai segni profondi e dolorosi che su noi tutti porta l'incedere dell'età. Noi che peraltro alla più tenera età di 65 anni, spesso andiamo incontro al pensionamento con sincero sollievo. Vero è che un Papa dovrebbe essere espressione della massima dedizione alla missione salvifica attribuitagli dal collegio dei Cardinali. Ed allora il dubbio viene, è umano che venga.
Ma proprio nella sfera umana risiede la potenza rivoluzionaria di questo gesto, che offre al mondo intero e allo stesso Dio il segno della grandezza della debolezza umana. Il segno che nel progetto divino, la debolezza umana sia una componente integrante della sfera dell'esistenza tutta.
Papa Ratzinger ha accettato i suoi limiti, ha fatto un passo indietro. E forse in mezzo a tante omelie astratte e fondate su principi teologici di ardua comprensione, questo gesto da uomo è un bellissimo esempio di come nella vita anche un passo indietro possa avere una sua intrinseca e potente nobiltà. Un folgorante esempio di umiltà e di rifiuto del voler essere sempre i primi, invincibili, bramosi di potere e visibilità.

1.2.13

Cercasi idee

Se ne parla e se ne scrive molto, ma forse non sufficientemente: la disoccupazione giovanile è un problema serissimo, concreto ma forse ancora preso sottogamba. L’economia ristagna, permane un profondo stato di crisi economica, dei consumi e degli investimenti. Le aziende non assumono e concentrano i propri sforzi sul taglio dei costi e sull’espulsione dei dipendenti prossimi alla pensione. Questi ultimi, a loro volta, vengono disincentivati a lasciare il lavoro da una legislazione che si preoccupa di attenuare l’onere effettivamente spropositato delle prestazioni sociali a carico della Previdenza pubblica.
Il problema è molto complesso e molte sono le variabili sui cui occorrerebbe agire (ad es. massimizzare lo sforzo finanziario dello Stato verso iniziative che portino nuova occupazione; recuperare ingenti sacche di evasione fiscale e di false pensioni per recuperare fondi; agevolare le imprese che decidano di sviluppare nuovi segmenti produttivi in grado di assorbire forza lavoro, etc.). Mi limito ad osservare però come, pur in un quadro così cupo, non si respiri un’aria da emergenza nazionale, per effetto della quale tutte, dicasi tutte, le forze politiche e sociali, si impegnino su un programma straordinario super partes che produca idee innovative nel'unico interesse dei giovani.
C’è bisogno di idee per rilanciare i consumi e quindi gli investimenti delle imprese, idee per creare nuovi servizi a valore aggiunto da sviluppare su scala industriale, idee per sfruttare al massimo settori apparentemente solidi (turismo, moda, wellness, tecnologie innovative e altro ancora). Idee, idee, idee. Serve un gigantesco brainstorming che produca idee che facciano gradualmente ripartire lo sviluppo e con esso l’occupazione. Siamo un Paese che non pensa più, che si è adagiato su un benessere costruito negli scorsi decenni e che ora disperde risorse, energie mentali e politiche in sterili discussioni e lotte di potere.
Ed intanto vediamo con timore i nostri figli crescere troppo velocemente, andando incontro ad un mondo del lavoro che non è assolutamente pronto per accoglierli.