1.2.13

Cercasi idee

Se ne parla e se ne scrive molto, ma forse non sufficientemente: la disoccupazione giovanile è un problema serissimo, concreto ma forse ancora preso sottogamba. L’economia ristagna, permane un profondo stato di crisi economica, dei consumi e degli investimenti. Le aziende non assumono e concentrano i propri sforzi sul taglio dei costi e sull’espulsione dei dipendenti prossimi alla pensione. Questi ultimi, a loro volta, vengono disincentivati a lasciare il lavoro da una legislazione che si preoccupa di attenuare l’onere effettivamente spropositato delle prestazioni sociali a carico della Previdenza pubblica.
Il problema è molto complesso e molte sono le variabili sui cui occorrerebbe agire (ad es. massimizzare lo sforzo finanziario dello Stato verso iniziative che portino nuova occupazione; recuperare ingenti sacche di evasione fiscale e di false pensioni per recuperare fondi; agevolare le imprese che decidano di sviluppare nuovi segmenti produttivi in grado di assorbire forza lavoro, etc.). Mi limito ad osservare però come, pur in un quadro così cupo, non si respiri un’aria da emergenza nazionale, per effetto della quale tutte, dicasi tutte, le forze politiche e sociali, si impegnino su un programma straordinario super partes che produca idee innovative nel'unico interesse dei giovani.
C’è bisogno di idee per rilanciare i consumi e quindi gli investimenti delle imprese, idee per creare nuovi servizi a valore aggiunto da sviluppare su scala industriale, idee per sfruttare al massimo settori apparentemente solidi (turismo, moda, wellness, tecnologie innovative e altro ancora). Idee, idee, idee. Serve un gigantesco brainstorming che produca idee che facciano gradualmente ripartire lo sviluppo e con esso l’occupazione. Siamo un Paese che non pensa più, che si è adagiato su un benessere costruito negli scorsi decenni e che ora disperde risorse, energie mentali e politiche in sterili discussioni e lotte di potere.
Ed intanto vediamo con timore i nostri figli crescere troppo velocemente, andando incontro ad un mondo del lavoro che non è assolutamente pronto per accoglierli.

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