12.2.13

Papa Ratzinger come Celestino V

Con un colpo di scena degno del miglior cinema, Papa Ratzinger ha rimesso il suo mandato a far tempo dal 28 febbraio.
Non è facile fare un commento su un simile gesto; non dopo un pontificato come quello di Papa Wojtyla il cui epilogo ha raggiunto vette tipiche di un vero e proprio martirio per la causa, e dove il sostenere il peso della Croce ha assunto un significato di eccezionale profondità.
Se la si guarda da questo punto di vista, la decisione di Benedetto XVI appare poco condivisibile e segno di arrendevolezza di fronte ai segni profondi e dolorosi che su noi tutti porta l'incedere dell'età. Noi che peraltro alla più tenera età di 65 anni, spesso andiamo incontro al pensionamento con sincero sollievo. Vero è che un Papa dovrebbe essere espressione della massima dedizione alla missione salvifica attribuitagli dal collegio dei Cardinali. Ed allora il dubbio viene, è umano che venga.
Ma proprio nella sfera umana risiede la potenza rivoluzionaria di questo gesto, che offre al mondo intero e allo stesso Dio il segno della grandezza della debolezza umana. Il segno che nel progetto divino, la debolezza umana sia una componente integrante della sfera dell'esistenza tutta.
Papa Ratzinger ha accettato i suoi limiti, ha fatto un passo indietro. E forse in mezzo a tante omelie astratte e fondate su principi teologici di ardua comprensione, questo gesto da uomo è un bellissimo esempio di come nella vita anche un passo indietro possa avere una sua intrinseca e potente nobiltà. Un folgorante esempio di umiltà e di rifiuto del voler essere sempre i primi, invincibili, bramosi di potere e visibilità.

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