24.3.11

L'abito fa il monaco

In questo periodo mi capita spesso di viaggiare per lavoro. Più che in passato noto quindi le persone che affollano gli aeroporti, soprattutto in coincidenza delle tratte più frequentate. Quella fra Roma e Milano è senz'altro fra queste.
In particolare faccio caso alle tipoogie di persone: gli uomini di affari altolocati, i rappresentanti di commercio, i giovani impiegati, i giovani dirigenti, i dirigenti vicini alla pensione, le donne manager. Poi negli orari più comodi compaiono i vip, le anziane signore, le mamme con bambini, le coppie in vacanza, e così via.
Notavo come ora i manager abbiano sostituito la normale borsa da viaggio con più sportivi zainetti da trekking. Capita così che sopra un abito gessato grigio, con l'orlo rigorosamente corto a scoprire tutta la scarpa (perchè fa molto finanza inglese...), sopra un trench rigorosamente firmato, penzoli dunque lo zainetto, probabilmente riempito con un cambio di biancheria ed una camicia.
Non dovrei, ma questa omologazione delle divise da lavoro e il poco coraggio nel non scegliere un abbigliamento che passi banalmente inosservato, è fra le cose che più detesto nei viaggiatori che incrocio. Forse più del tic nervoso con cui ormai continuamente tutti controllano lo schermo del proprio telefonino, sperando di trovarvi messaggi o chiamate cui rispondere, o del modo scomposto con cui occupano il proprio posto sull'aereo, invadendo braccioli e spazi di spettanza del vicino di poltrona.

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