11.3.12

Questione di coscienza

C'è una categoria di mendicanti cui non so resistere ed ai quali lascio il mio obolo con sincera gratitudine.
Ormai ogni genere di venditori di beni o di servizi si affolla davanti alle nostre autovetture ferme ai semafori, ma anche fuori dai negozi, fuori dagli uffici, all'uscita dei cinema o delle chiese.
Tutti costretti a scendere a compromessi con il proprio orgoglio e la propria dignità di esseri umani, perchè quando si ha fame o si è disperati è difficile ricordare cosa possa essere la dignità o l'orgoglio.
Sono talmente tanti che - noi gente volgare - osiamo anche infastidirci di essere sollecitati così tante volte a mettere mano al portafoglio. Ci sentiamo assediati, ci sentiamo troppe volte costretti a fare i conti con la nostra coscienza, a cercare di fargliela franca sperando che essa non si accorga del nostro tirare dritti.
E' vero, occorrerebbe troppo per soddisfare tutte le richieste. Ci accontentiamo di farlo ogni tanto. La nostra elemosina aiuta magari un povero su cinque, quando invece tutti e cinque necessiterebbero del nostro buon cuore. Questa è la piccolezza del nostro essere umani, la debolezza di non saper mai andare oltre, di non saper veramente sacrificare del nostro per un altro uomo, magari privandoci del nostro indispensabile.
Però, c'è una categoria di mendicanti in particolare che mi spiazza, davanti alla quale il mio cuore è nudo e la mia coscienza è pura come quella di un angelo. Sono in pochi a vendere una canzone, un pezzo di fisarmonica, a suonare un brano di chitarra accompagnandosi con un tamburino elettrico trainato su un carretto. Sono pochissimi quelli che affidano ad un vecchio violino, ad una stonata armonica a bocca, il destino quotidiano del loro stomaco.
A costoro darei tutto quanto ho, perchè quando doni musica meriti in cambio eternità.

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