12.6.12

Ma ci serve tutto?

Deve generare effetti certamente benefici il riuscire a spogliare la nostra esistenza di una serie di lacci che ci tengono vincolati a necessità materiali assolutamente superflue e ridondanti. Si tratterebbe di mostrare disponibilità verso il ritorno ad una dimensione di vita strettamente regolata dalle esigenze basilari e da una quantità minima di “di più” che basti a soddisfare il nostro lato più ludico.
Con il trascorrere delle generazioni abbiamo invece assistito ad una tendenza inversa, secondo la quale una maggiore distribuzione della ricchezza ha reso diffuse abitudini accessorie un tempo proprie delle sole fasce di popolazione più agiate. I viaggi, le cene al ristorante, le autovetture, le tecnologie dei telefoni, dei computer, degli hi-fi, l'abbigliamento alla moda, rappresentano ormai un’abitudine di spesa frequente, dalla quale con molta fatica ci potremmo staccare.
In epoche di crisi quali l’attuale, viene automatico verificare il proprio regime di spesa, ed allora ci si accorge che molte delle cose che facciamo o compriamo non sono così indispensabili come ci possono sembrare d’istinto, ma che risultano piuttosto una sorta di gratificazione che ci concediamo per sentirci al passo con i tempi in cui viviamo, con le persone che frequentiamo o con i modelli vincenti che ci vengono somministrati dai media.
In questo senso, un periodo di forte recessione e di contrazione dei consumi familiari può rappresentare un’opportunità per ritrovare un approccio di vita maggiormente essenziale ed orientato alla sobrietà. E ritrovarsi circondati dalle sole cose che effettivamente contano, potrebbe semplificare molto la nostra vita e fortificare i nostri comportamenti a favore di una rivalutazione di valori veri, sociali, interiori.

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