10.7.12

Pensionato, anzi no...

Nel mondo del lavoro si assiste spesso a prepensionamenti di lavoratori che, accettando un contributo dell’azienda e dopo reiterate riflessioni e calcoli matematici, prendono la sofferta decisione di abbandonare anzitempo il mondo del lavoro.
Sono persone di età attorno ai 58-60 anni, evidentemente senza particolari ulteriori aspettative di carriera o di crescita economica. Individui quindi che pur potendo continuare a lavorare, preferiscono dedicarsi ad altri impegni ed interessi personali, compiendo una scelta comunque coraggiosa e psicologicamente non facile.
Il precario contesto economico di questi ultimi 5 anni ha tuttavia creato una nuova fattispecie che, forse incautamente, non è tuttora oggetto di una specifica tutela legislativa: ossia, la modifica della normativa pensionistica che intervenga proprio alla soglia di un prepensionamento già concordato dal lavoratore con l’azienda.
Accade, cioè, che l’improvviso mutamento ex lege dei parametri che definiscono il diritto alla pensione (età, anzianità, loro cumulo, etc.), fa sì che un orizzonte lavorativo che in un primo tempo sembrava per il lavoratore compatibile con il meccanismo del prepensionamento, all’improvviso non lo risulti più. In altri termini, il pensionando si trova improvvisamente a dover rinunciare alla decisione di lasciare il lavoro, dovendo invece proseguire l’attività lavorativa, magari per altri 4 o 5 anni, fino cioè al nuovo maturare dei requisiti minimi per l’accesso alla pensione.
Qualcuno prima o poi dovrà porsi il problema di quanto possa essere psicologicamente difficile per un individuo passare nell’arco di poche settimane dalla prospettiva di una vita da pensionato (generalmente fatta di tempo libero e svago) ad una ancora da dipendente, oltretutto presumibilmente ai margini dell’attività in quanto ormai identificato come una “risorsa in uscita”…

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