2.7.12

Roma, eternamente eterna

Il mio rapporto affettivo con Roma, città natale e luogo di residenza, ha subito negli ultimi anni un notevole deterioramento.
A cosa questo sia dovuto non so, dato che certamente si tratta di una delle città più belle e più visitate al mondo. Riflettendoci, anche muovendo da temi differenti – estetica, sociale, clima, qualità della vita – le mie critiche convergono soprattutto su una sciatteria complessiva, declinata nelle sue differenti manifestazioni.
Trovo che Roma sia una città vittima di se stessa, del suo passato remoto, della sua immagine di città “eterna”, del suo autocompiacimento e di quello dei suoi abitanti. Ai romani, a noi romani, credo manchi il coraggio di mettersi in discussione, di lasciarci dietro l’ingombrante passato, come se ciò significasse rinnegarlo, come un figlio che conti fra i suoi antenati illustri personaggi storici.
Raramente si vede una città che evolve così lentamente nelle sue infrastrutture, nella sua sensibilità culturale, nel suo stile socio-ambientale. Risulta soffocante questa aria di vecchio che circonda Roma. Questo campanilistico orgoglio per atavici tratti caratteriali non sempre invidiabili: il romano distaccato da tutto, che affronta difficoltà e sconvolgimenti storici con pacata ironia ed un certo cinismo di fondo. Aspetto che magari potrebbe essere anche positivo in sé, se non andasse però a scapito della capacità di adottare nuovi approcci verso il quotidiano, magari ispirati ad un maggior attivismo e senso civico, ad un forte impegno per il rinnovamento e per l’innovazione.
Personalmente – al di là del gusto strettamente estetico, secondo cui le cose possono piacere o meno – ho molto apprezzato opere violentemente innovative e criticate, come il nuovo Auditorium, la copertura dello stadio Olimpico, i nuovi ponti sul Tevere, la nuova Ara Pacis, le aree espositive del Maxi e del Macro, o anche le prime aree sperimentali con copertura internet wireless. Sono opere che rappresentano atti di coraggio nel voler lanciare Roma verso il futuro, sganciandola dall’immagine cartolina indotta dagli abbaglianti e monumentali resti romani che, pur preziosi e stupefacenti, "ostruiscono" la nostra vista e infiacchiscono la possibilità di uno svecchiamento della città verso modelli realmente europei.
L’ultimo film di Woody Allen, dedicato a Roma e realmente brutto, può far riflettere su come all’estero l’immagine della città giunga sempre fortemente stereotipata e povera di segnali di modernità.

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