11.12.09

La limpidezza del suono hi-fi

In epoca di musica digitale, dematerializzata, compressa, portabile, racchiusa in accessori sempre più ridotti di dimensioni e sofisticati nelle prestazioni, sembrano ormai del tutto tramontati i vecchi sistemi hi-fi che riempivano le stanze dei giovani negli anni '70 e '80.
Neri, austeri, impilati in smisurate torri tecnologiche, gli stereo (così venivano definiti nel gergo quotidiano) occupavano un angolo privilegiato della casa e vi venivano collocati con accuratezza, affinchè dai grandi e potenti diffusori le note uscissero cristalline e senza rimbombi.
Formavano oggetto di una morbosa attenzione da parte di noi ragazzi, perennemente in cerca di vibranti emozioni sonore. Forse erano anche anni in cui le attrattive del mondo esterno erano più limitate. Era la musica che entrava nelle nostre case per farci compagnia e viaggiare con l'immaginazione, spesso nelle terre rockeggianti di Inghilterra o USA.
Ma man mano che il mondo esterno si fece più attraente, i centri gravitazionali si spostarono nelle discoteche, nei locali, negli auditorium, e con essi la musica che iniziò a seguirci: i primi walkman, i "compatti", che erano più facili da trasportare a casa di un amico che ne era sfornito o in vacanza infilati in un angolo del bagagliaio della macchina.
Tutto naturale e quasi scontato. In fondo, ben venga che abbia prevalso in noi la tendenza a socializzare ed a lasciare che la musica fosse una semplice colonna sonora della nostra vita e non, in sè, la nostra vita.
Ogni tanto riaccendo il mio stereo ed ogni volta la musica che ne sento uscire mi sembra qualcosa di nuovo, di esaltante. Un flusso di energia pulita che si insinua rapidamente dentro il cervello, salendovi dal pavimento.
In una di queste occasioni mi sono ricordato di quando, bambino, mio padre montò per la prima volta a casa uno di questi sistemi, per lo più fatti di un amplificatore, di un giradischi, di un registratore a cassette, di due imponenti e pesanti diffusori da terra.
Per me, che fino a quel momento avevo conosciuto soltanto l'opaco suono del mangiadischi a 45 giri o dei registratori Geloso a bobine o Philips a cassette, fu uno shock: la pulizia del suono, il modo con cui ne venivi avvolto ritrovandoti ipnotizzato al centro di esso, le pulsazioni dei bassi e delle batterie, la limpidezza delle chitarre, formavano un insieme di un'armonia e di un impatto impossibili a dirsi.
Qualcosa di quelle sensazioni è oggi ormai perduta. Non se ne sente più il bisogno. Non c'è n'è il tempo. Bastano un Ipod o un PC, o peggio ancora lo stereo della macchina, per soddisfare il nostro bisogno quotidiano di musica. Forse è giusto così.
Ma credo non troverò mai il coraggio di privarmi di quel monolite nero a blocchi che, con la serafica saggezza dei vecchi, mi osserva con affetto dalla stanza della casa in cui lo custodisco, troppo spesso spento e silente.

11.11.09

Vivere per lavorare o lavorare per vivere

Quanto ciascuno di noi decida di sacrificare del proprio tempo a disposizione per dedicarsi al lavoro è una scelta che prima o poi tutti siamo chiamati a compiere.
Poniamo ovviamente il caso in cui il reddito da lavoro sia un'entrata imprescindibile per la sussistenza minima necessaria, escludendo quindi coloro che scelgono di ritirarsi a vita privata potendo contare su altre entrate (patrimoni familiari, altri redditi del nucleo familiare, rendite finanziarie o altro).
Si tratta di una scala di priorità che nelle diverse fasi della nostra vità pone il lavoro sui gradini più alti o più bassi delle nostre occupazioni quotidiane (svago, famiglia e il lavoro, appunto). E' spesso l'ambizione personale a fare la differenza. L'ambizione personale è nutrita dal bisogno di realizzarsi, dalle gratificazioni economiche, dall'ebbrezza che può dare l'accedere a posizioni di potere più o meno di spicco.
L'investimento di energie nella sfera privata si traduce spesso in un arricchimento di capitali che fanno parte di noi: la famiglia, la nostra cultura, i nostri interessi, i nostri rapporti sentimentali, il nostro ambito sociale.
Le energie spese per il lavoro bruciano più rapidamente la nostra vita, sì producendo ritorni più immediatamente tangibili in termini di ricchezza o di soddisfazione professionale, ma nel contesto di salvaguardia e sviluppo degli interessi altrui.
Così, fa riflettere il notare quanto in modo relativamente rapido si finisca per occupare un posto gratificante per il nostro ego, e quanto altrettanto rapidamente si venga messi da parte e dimenticati al momento dell'ingresso in pensione, quando lasciamo il mondo del lavoro per tornare alla sola sfera privata.
Ho visto tante persone che, elevate sul piedistallo del potere e permeate dell'alone del finto rispetto che porta tale posizione, ne sono scese in tutta fretta per essere rapidamente accantonate e dimenticate, dopo aver consumato tanto tempo ed energie per il mantenimento della posizione acquisita.
Per dire: è una società estremamente crudele, che striglia e nutre i propri cavalli da corsa finchè hanno forze e classe per vincere le gare, ma che non serba riconoscenza e non si fa scrupoli nell'abbandonarli alla loro vecchiaia, ormai non risultando più utili alla causa del profitto (e dal punto di vista di chi produce ricchezza per il Paese è purtroppo giusto così).
Ma fa effetto vedere uomini che dall'oggi al domani passano da un costante tributo di gloria ed onori ad un ultimo brindisi o trafiletto di ringraziamento, che il giorno dopo è già dimenticato e archiviato per sempre.

28.10.09

La miseria umana

Prima Berlusconi, ora Marrazzo, prima ancora Mele e Sircana. Il quadro dei nostri politici non è rassicurante in termini di rigore nell'interpretazione del ruolo pubblico attribuito loro da noi elettori. E questo è purtroppo un fatto. A cosa serve tornare ancora a disquisire sull'assenza di valori, di sincera passione di fare politica, sulla mancanza di serietà nel perseguire la missione che ad un politico viene assegnata dal popolo, il vero capo supremo in una democrazia?
Ma passiamo oltre. Queste storie, forse proprio perchè riferite a personaggi così autocelebrativi, hanno posto in luce la profonda umanità che scaturisce dalla sofferenza sincera di un uomo che ha sbagliato e che vede andare in frantumi la sua apparente solidità riscoprendosi meno che nulla. Questa sofferenza, segno di una fragilità interiore che è stata a lungo mascherata dall'illusione di un senso di onnipotenza esteriore, va rispettata e lenita. L'uomo che varca un limite al di là del quale valori morali e proporzioni delle cose appaiono probabilmente distorte dalle mille sfaccettature illusive della nostra psiche, che tutto tende a spiegare e giustificare, non va condannato a priori, perchè forse è un uomo che ha paura o vergogna a chiedere aiuto. Perchè è di aiuto che c'è bisogno per sfuggire all'oblio di droghe chimiche o psicologiche, a mondi così distanti dalla vera semplice esistenza, l'unica realmente meritevole di essere vissuta a pieno.
E fa bene a tutti noi vedere come una donna così improvvisamente ritrovatasi sull'orlo di un baratro familiare, trovi dentro di sè la grande forza di farsi da parte, di mettere a tacere l'amor proprio tradito per capire che è proprio il deprecabile marito ad essere il più debole ed il più bisognoso di aiuto e sostegno. Non è ancora il perdono, ci sarà tempo per lavorarci e forse trovarlo. E' qualcosa di ancora più nobile: la piena percezione della grandezza della fragilità umana.

28.9.09

L'onda lunga delle scelte

Le scelte che compiamo nel nostro tragitto di vita sono spesso valutate soltanto nelle più immediate conseguenze e previsioni. Non disponendo di poteri sovrannaturali non possiamo far altro.
Ma se ci si volta indietro per ripercorrerle per quanto sommariamente, ci si rende conto che ciascuna di tali scelte ha generato un'onda lunga che spesso esercita i suoi effetti anche nel presente.
Tutto ciò che facciamo lascia una traccia nel sentiero che percorriamo, cambiandoci di continuo e per sempre.
Soltanto i più superficiali si illudono di restare per sempre uguali a se stessi, sottovalutando come ad ogni frase detta o non detta, ad ogni azione compiuta o evitata, consegua sempre una reazione di segno opposto permanente ed irreversibile, che ci porta ad adattare il nostro modo di essere ad un nuovo equilibrio di cui non potremmo fare a meno.
Viriamo ora a sinistra ora a destra, sotto la spinta impartita da una decisione presa o da una scelta rinviata sine die.
La fragilità o la forza di ciascuno di noi finisce quindi per tradursi nella capacità di mantenere, per quanto possibile, la prua verso il porto che ci siamo prefissi quale destinazione finale della nostra esistenza, governando quelle scelte che consapevolmente od incautamente abbiamo ritenuto di fare.

18.9.09

La furbizia dei tirchi

Mi è capitato di incappare in persone fortemente resistenti alla spendita di denaro.
A scanso di equivoci, non parlo ovviamente di situazioni di difficoltà finanziarie in cui il risparmio è una componente purtroppo decisiva per la sopravvivenza. Ma mi riferisco a persone comuni, con un lavoro comune, un tenore di vita comune, come può risultare un profilo di cittadino medio.
Ebbene, in talune persone la tirchieria (diversa dall'avarizia) può portare ad espedienti talmente eclatanti da mettere in ridicolo chi pone in essere tali comportamenti.
A qualcuno sarà certamente capitato di ricevere una telefonata e di non far in tempo a raggiungere il telefono prima che esso cessi di squillare. E non al quindicesimo squillo, cosa che sarebbe ovvia e giustificata, ma al secondo al massimo, a volte anche dopo il solo primo.
Il progresso tecnologico, che ci consente di avere traccia sui nostri cellulari di chi ha chiamato senza avere una nostra risposta, ha stimolato la mente dei nostri tirchi, portandoli ad affidare ad un solo squillo il loro beau geste dell'aver chiamato, restando a quel punto in attesa di una ri-chiamata che quindi non sarà più a loro carico.
Va benissimo. Saranno richiamati e avranno risparmiato qualche centesimo di euro. Ma costoro non si rendono conto di quanto è ben più alto il costo che sopporteranno in termini di caduta di stile, di immagine negativa, di nomea che mai più riusciranno a scrollarsi di dosso?
Senza dimenticare che spesso questo meccanismo avviene anche tra amici. Ed allora qual'è il valore di un'amicizia se non perdo occasione per scaricare su un mio amico un costo che di norma andrebbe ripartito con equa alternanza, affinchè vada e venga quel panierino che serve affinchè l'amicizia tenga, come appunto recita un detto popolare?
Non è che un esempio, che basta però ad evidenziare quanto fastidio possa dare la piccineria dei tirchi.

5.8.09

Il diritto di guarire

Il Presidente degli Stati Uniti, Obama, sta sfidando la controparte repubblicana e parte del suo elettorato nel tentativo di condurre in porto un'audace riforma sanitaria, che rischia di far vacillare il credito di fiducia guadagnato in campagna elettorale.
Ad oggi solo le classi estremamente disagiate e alcune categorie protette hanno diritto all'assistenza sanitaria a carico dello Stato. Ciò significa che oggi negli USA si muore se non ci si può permettere una polizza assicurativa privata a copertura delle spese mediche.
La cosa avrebbe senso se l'obbligo a ricorrere alle Compagnie private gravasse sui soli ricchi. Ma c'è un vasto ceto medio-basso che pur non facendo la fame, non può permettersi le onerose coperture che sono richieste dagli assicuratori per fronteggiare i rischi di una malattia anche grave.
Senza arrivare a situazioni estreme di assistenzialismo totalitario con forte deficit statale - come purtroppo è successo e ancora succede in Italia - una regolamentazione più moderna appare prima che una necessità un obbligo morale di ogni Stato che si proclami moderno, a tutela dei diritti individuali alla salute. Lo Stato non può e non deve disinteressarsi di un cittadino che sta morendo, perchè quel cittadino è lui stesso un pezzo di Stato.
Recuperare fondi da altre voci di bilancio pubblico (armamenti su tutte) e dalla fiscalità generale è, quindi, una strada imprescindibile verso la concreta difesa di uno dei più basilari diritti umani: il diritto di guarire.

22.7.09

Prima pagina

Oggi ho voluto estrapolare una parola chiave dal titolo degli articoli che compongono la prima pagina di un noto quotidiano on line. Questa la sequenza:
REGISTRAZIONI
CANDIDARMI
OFFENDA
TROVATO POSITIVO
VACCINATI
RAPPORTI SESSUALI
USURAI
POSTI A RISCHIO
RINVIATI A GIUDIZIO
PUZZI
MORTA DI CANCRO
'NDRANGHETA
CARCERE
SBRANATO
ODISSEA
OBIETTIVI
SPIAGGE
FURTO

Non traggo conclusioni che sarebbero affrettate e superficiali. Che ciascuno faccia le sue riflessioni.

17.7.09

Il commesso di Malamud

Un cenno merita il bel libro di Malamud, Il Commesso.
A differenza di molti altri libri, che pur raggiungono un livello di adeguata qualità, questo romanzo possiede una pacatezza ed una nitidezza che solo i classici sanno raggiungere.
Uno stile piano e descrittivo che muta la trama in un bassorilievo di tono comico-tragico, cogliendo il nocciolo della nostra esistenza di semplici essere umani in transito sulla terra.

16.7.09

La musica di Dylan

Lascio e riprendo a fasi alterne la musica di Dylan. Ogni volta, però, riscopro quale magia imporpori la sua produzione: quasi mezzo secolo di canzoni, un continuo rinnovamento, che dà sfogo ad una inesauribile capacità compositiva.
Le note dei suoi brani ascendono rapide verso lassù, dove è più facile scrutare tutto e tutti.

15.7.09

Sul lavoro

Come altri tipi di collettività, anche i luoghi aziendali si caratterizzano per dinamiche relazionali fortemente correlate ed influenzate dal fine per cui tale collettività interagisce.
C'è anzitutto l'interesse aziendale che rappresenta il fine istituzionale ed ufficiale, il cosiddetto scopo sociale.
C'è l'interesse individuale del prestatore di lavoro che offre il suo contributo professionale in cambio dello stipendio di cui può vivere.
Ma non è tutto.
C'è infatti, potentissima in molti, la spinta energizzante fornita dall'ambizione personale di conseguire una crescente visibilità sociale, un crescente potere, una crescente ricchezza. I modelli comunicazionali con cui i media esaltano la correlazione tra il successo professionale e l'immagine di persona "vincente" hanno inevitabilmente alterato gli equilibri tra i diversi interessi descritti.
Cosa produce tutto ciò?
L'azienda molto spesso diviene un microcosmo con proprie regole comportamentali e morali, nel quale l'individuo non vede in un collega un altro individuo, ma piuttosto un'antagonista da ostacolare, un subalterno da comandare o un capo da "coltivare".
Il tipo di approccio a questo schema ambientale è ovviamente funzione della personalità dei singoli e della loro capacità di assimilare tali logiche senza far troppo violenza a se stessi.
Si va, per esempio, dalla persona che fa il suo lavoro soltanto per il sussidio economico che ne ricava, c'è la persona che porta avanti la sua coerenza comportamentale scontrandosi con un mondo pubblico diverso dal suo privato, c'è la persona che soffre fino ad esaurirsi l'incapacità di scendere a compromessi con l'ambiente e le sue ambiguità, c'è chi dispone di sufficiente schermatura psicologica per trovare un modus vivendi pubblico in parte differente da quello privato a lui più congeniale, c'è infine quello che ha ben chiaro in mente il suo obiettivo di puntare sempre più in alto, costi quel che costi.
E per quanto ci si sforzi di cambiare le cose introducendo codici etici o regole di comportamento, le aziende restano sempre uguali a se stesse, aziende appunto; dove ciò che conta è giustamente il profitto dei proprietari - oggi ci si libera la coscienza definendolo profitto "sostenibile" - e dove i più cercano, per quanto è loro fisicamente possibile, di tirar acqua al proprio mulino per conseguire quel successo senza il quale non potrebbero sentirsi a posto con il modello medio di persona "vincente", faro della nostra società.

23.6.09

L'ennesimo scandalo italiano

Il Primo ministro del nostro Paese è in questi giorni al centro di uno scandalo senza precedenti, che ancora una volta pone l'Italia alla berlina nei confronti dell'intero scenario mondiale.
La vicenda è boccaccesca, quasi divertente nella sua dinamica, dimostrando ancora una volta come un eccesso di potere e di denaro possa far perdere il lume della ragione ed il senso della misura.
Non intendo entrare nel merito delle contestazioni che vengono mosse al Premier, perchè ritengo che esse siano il minore dei problemi. Viceversa trovo ancora una volta da stigmatizzare come la nostra classe dirigente sia totalmente priva del senso di rigore e moralità che, chi è chiamato a rivestire quesi ruoli, dovrebbe necessariamente possedere. Altrimenti noi tutti potremmo essere Primi ministri. Non ci manca certo l'intelligenza o la cultura per accedere a tale ruolo.
E' invece nel valore morale di esempio per i giovani, nella serietà e nella competenza professionale che tali figure dovrebbero spiccare, dimostrando la rara natura di esseri eccezionali, di leader.
Tutti noi abbiamo scheletri nell'armadio, esperienze sbagliate accumulate nel corso di un'esistenza lunga e insidiosa. Affrontandole e superandole, abbiamo rinsaldato il nostro spirito e ci siamo affermati come esseri umani di accettabile dignità e spessore. Lungi da noi però il sentirci titolati agli scranni del potere politico, del potere democratico di rappresentanza del popolo.
In un capo del Governo ci aspettiamo di trovare un faro da seguire nel nostro vivere sociale e ciò invece viene puntualmente smentito da fatti che dimostrano come spesso e volentieri i nostri rappresentanti siano, a prescindere dallo schieramento politico, molto peggio di noi.
Spero che i nostri figli abbiano negli anni a venire la fortuna di veder sorgere un nuovo sole che riscaldi una terra sempre più gelida.

9.6.09

Elogio della chiarezza d'espressione

Apprezzo molto le persone che sanno esprimersi - per iscritto o a voce - con chiarezza.
Esse seguono un filo logico ben delineato, che muove da un concetto, passa per delle ipotesi ed una tesi e giunge infine ad una conclusione coerente e ben delineata.
Esse scrivono documenti che pongono ben chiare premesse al tema trattato, inquadrano il contesto in modo completo ma sintetico, giungono a diverse conclusioni l'una alternativa all'altra, ed infine spiegano con altrettanta chiarezza in forza di quali argomenti ne scelgono una tra queste.
Forse, la chiarezza espositiva - se non univocamente correlata - è comunque proporzionale al grado di conoscenza e comprensione del tema trattato. L'abuso di parole, concetti, avverbi o ancor più la logorrea delle infinite ripetizioni di medesime considerazioni sono segni di una imperfetta focalizzazione di ciò che si desidera esprimere?
Così, leggere un documento contorto, che non si snoda dolcemente come una strada che da una collina torni in pianura, è un'esperienza frustrante che fa trasparire quanta inutile fatica gli uomini compiano per riuscire a comunicare efficacemente.

4.6.09

Prendere un taxi

Spostarsi in taxi è diventata una esperienza a volte molto stressante.
E' ovvio che il servizio va commisurato al prezzo che si paga e oggi, più che in passato, le tariffe sono state molto calmierate, rendendo tale mezzo di trasporto abbastanza competitivo rispetto alla macchina propria o agli autobus.
Lo scontento nasce forse dall'inconscia convinzione che spostandoci in taxi possiamo avvalerci di un autista di fiducia al nostro servizio, come se per un attimo quella macchina bianca malmessa si trasformasse in una fiammante autovettura blu di rappresentanza.
Invece, ci accomodiamo a fatica sul sedile posteriore, stentando a trovare spazio per le nostre ginocchia, sacrificate dal sedile davanti, che, inspiegabilmente, è sempre sistemato nella sua posizione più arretrata. Pazienza, il viaggio non è lungo...
Tempo cinque, sei minuti, soprattutto d'estate, ci accorgiamo che la temperatura interna è calda, caldissima. I finestrini sono interamente abbassati e potenti folate di vento agitano i nostri capelli e persino i baveri delle giacche o le cravatte; sentiamo le gocce di sudore che iniziano a scorrere sulle nostre schiene e dalle nostre ascelle... Pare quasi che l'autista intenda risparmiare sul costo dell'aria condizionata, di cui eppure la macchina è dotata...
Se desideriamo astrarci da quell'inferno colloso per tuffarci in una conversazione telefonica o nella composizione di un messaggio al telefonino, ciò ci è reso problematico da un'autoradio che generalmente è accesa ad un volume altissimo e che diffonde: a) una martellante musica di qualche compilation da spiaggia, b) una trasmissione sportiva di qualche radio locale, nella quale intervengono a rotazione rozzi figuri dai più biechi accenti dialettali, con insulti generalmente destinati alla Presidenza di qualche società di calcio o ai suoi giocatori meno affezionati.
Inutile a dirsi, poi, che il viaggio si svolge a velocità fuori da ogni logica, con sorpassi ricchi di suspence o affondi sui tratti autostradali degni di un Gran premio di Formula 1. Ci sforziamo di mostrarci imperturbabili e all'altezza della prova...
Quando infine arriviamo a destinazione, la trafila prevede generalmente il consueto scambio di battute sugli spicci, giacchè anche l'offerta di una banconota da 10 euro (non 50!) getta il nostro autista nello sconforto più totale, portandoci a concedere laute mance per arrotondare l'importo e scendere il prima possibile da quel maledetto taxi...
E' vero che basterebbe chiedere di accendere il climatizzatore, di andare più piano, di abbassare la radio o magari optare per i più rari taxi dotati di bancomat, ma perchè dobbiamo sempre chiedere quello che ci spetterebbe di diritto...?! Un servizio di qualità.

1.6.09

La fortunata scelta di un medico

In queste settimane sto frequentando con assiduità cliniche, ospedali e laboratori di diagnostica, causa un infortunio al ginocchio.
Tutte le strutture dove mi sono recato hanno certamente brillato per gentilezza ed efficienza, evitandomi lunghe code e snervanti rinvii di stanza in stanza.
Ciò che però mette un po' di inquietudine è l'estrema variabilità delle diagnosi.
Premesso che a posteriori si trattava di una semplice rottura del menisco, questa è stata la sequenza delle visite:
1) Laboratorio di analisi per ecografia - Esito nessuna lesione, versamento al ginocchio
2) Primo specialista ortopedico - Esito presunta tendinite e richiesta Risonanza Magnetica (R.M.)
3) Laboratorio di analisi per R.M. - Esito Lesione menisco e frattura piatto tibiale
4) Primo specialista ortopedico - Prenotazione sala chirurgica per intervento immediato al menisco
5) Pronto Soccorso Ospedaliero - Diagnosi, al tatto, di una distorsione con prognosi di 5gg
6) Secondo specialista ortopedico - Rinvio intervento al menisco e richiesta di una T.A.C. per analisi frattura, stante l'inadeguatezza della R.M. per tali tipi di traumi.
7) Laboratorio Analisi per T.A.C. - Conferma lesione menisco e fratura piatto tibiale con presunta prognosi di 30-40 gg di riposo.
8) Continua...

Certamente, volendo ricucire tutte queste posizioni una logica e degli alibi si troverebbero. Ma non è lecito sospettare che più rigidi protocolli di controllo porterebbero a tempi più rapidi ed a diagnosi univoche, soprattutto per traumi di routine?

26.5.09

Caos Calmo (il film)

Avevo letto il libro di Veronesi con qualche pregiudizio, temendo che si muovesse lungo i binari dell'editoria commerciale che negli ultimi tempi lancia opere ad alto potenziale cinematografico o televisivo in termini di spettatori.
Ora che ho visto il film di Grimaldi dopo molto tempo dalla sua uscita, riconosco che mi sono fatto fuorviare ancora una volta dal timore che potesse essere l'ennesimo frutto del proliferare di film a forte contenuto di fiction e di borghesia romana.
Ebbene, il libro l'ho trovato molto bello ed il film, per quanto non un capolavoro, molto piacevole e commovente.
Del libro ho apprezzato ovviamente la trama. Il libro che mi sarebbe piaciuto scrivere, con una atmosfera di malinconica riflessione che l'attraversa dall'inizio alla fine e con un fortissimo messaggio di rifiuto della convulsa esistenza post-moderna votata alle grandi multinazionali e al profitto economico a tutti i costi. Il protagonista ne è vittima, ad essa sacrifica l'affetto familiare arrivando persino a perdere la capacità di provare l'umano dolore di un lutto familiare.
Ma trasformando la criticità in opportunità, riscopre in sè la seminale dolcezza di un padre per la figlia, recuperando, grazie ad essa, quanto meno la forza di provare a cambiare qualcosa della sua esistenza.
Del film ho apprezzato l'indiscutibile carisma di Moretti nel dar vita al personaggio, che assume le sembianze anche caratteriali del cineasta romano, le sue celebri mimiche e nevrosi, la sua profondità. Il Paladini attore è forse superiore al Paladini di carta e a lui dobbiamo tutte le emozioni di un film che per il resto segue abbastanza pedissequamente il libro senza però acquistare una propria distinta dimensione poetica. Forse, mi sarebbe piaciuto vedere la sceneggiatura nelle mani di un regista più di spessore, un Amelio o magari un Soldini.
Eppure è un film che salvo e che ha il merito di emozionare e di far riflettere, e di questi tempi non è poco.

24.4.09

Il Fascismo in edicola

Mi ha sempre stupito con quale frequenza le edicole mettano in bella mostra pubblicazioni a dispense, DVD o libri, aventi ad oggetto ricostruzioni storiche sul fascismo o sui suoi protagonisti.
Evidentemente, le case editrici hanno dati sulle vendite che confermano come tale argomento abbia uno zoccolo duro di estimatori in grado di ripagarle dell'investimento effettuato.
Ciò sembra in contrasto con un'opinione pubblica ormai diffusa che condanna tale fase storica, portatrice - diretta o indiretta - delle più atroci violenze contro l'umanità e la democrazia. Eppure, sembra quasi che vi sia un sottile interesse di molti a riscoprire immagini ed eventi di quegli anni.
"Per non dimenticare certi drammi" potrebbero difendersi molti di loro. Ma temo che in verità siano molti di più di quanti pensiamo i nostalgici di quegli anni.
Gli stessi che puntualmente corrono all'edicola a pagare il loro obolo ai molti editori che, pur di guadagnare, non si fanno remore nell'enfatizzare con le loro publicazioni anni che andrebbero sì ricordati, ma in modo silenzioso, rispettoso, antispeculativo, quale monito per un passato che si spera non possa più tornare.

15.4.09

Il magazzino dell'esperienza

L'adolescenza e le decisioni ad essa collegate andrebbero vissute con l'esperienza che viene in seguito maturata nell'età adulta.
Un banale paradosso che serve per riassumere, una volta per tutte, le molteplici circostanze in cui ci si trova a rimpiangere scelte non fatte che sarebbero poi risultate utili. Nè da adolescenti c'è la sufficiente umiltà per ascoltare e seguire la miriade di consigli o pareri che le persone più grandi di noi elargiscono mentre ci vedono crescere.
La bravura risiede allora nel capitalizzare le cose fatte traendo da esse il massimo possibile per districarsi nelle inevitabili difficoltà e contraddizioni che la vita impone. In tal modo, anche il più banale degli episodi occorsi in passato, sedimentando dentro di noi per anni, viene a costituire un solido basamento su cui ergerci e scavalcare l'ostacolo.
Guardarsi indietro non deve però essere motivo di rimpianto, giacchè il futuro deve essere la sola stella polare a spingerci avanti. Piuttosto, ricorreremo al passato come ad un magazzino in cui giacciono, spesso alla rinfusa, tutti gli attrezzi fra i quali poter scegliere quello più adatto al passo da compiere lungo il percorso che conduce verso la nostra stella.

7.4.09

La terra trema

La terra italica è tornata a tremare, mietendo molte vittime e togliendo serenità a tantissime famiglie, private di genitori, di figli o, le più fortunate, delle proprie case.
Sin qui il fatto, nudo, crudele, dolorosissimo. Un dolore sordo ed inconsolabile, di fronte al quale non ci sono parole degne di descriverlo.
Poi, al mattino, quando si fa luce e gli altri tornano ai propri lavori, comincia il teatrino della retorica, delle polemiche, del mercimonio del dolore altrui.
Le lacrime di questa gente sfortunata dovrebbero invece essere la linfa di una rinnovata coesione, di una straordinaria energia di concretezza, che indirizzi gli studiosi e i politici verso soluzioni innovative, moderne che limitino il ripetersi di siffatte catastrofi.
Madre Natura è imprevedibile, ma l'uomo fa di tutto per disperdere le preziose energie fisiche ed intellettive che ha in dote e che potrebbe invece indirizzare verso azioni degne di tanta ricchezza genetica.
E così facendo il Paese non cresce, restando inerme ed impotente di fronte all'ennesima catastrofe naturale. Come nel 1976, come nel 1980, come nel 1997 ed in tante altre volte.

25.3.09

La religiosità di un certo ateismo

Torno sul tema della religione, in giorni in cui il Papa suscita numerose polemiche nel mondo, rilasciando dichiarazioni fortemente provocatorie sul tema della prevenzione della salute ed in particolare dell'Aids.
Le polemiche sorte traggono forza dalla nuova posizione assunta dal capo della Chiesa circa la presunta inutilità di metodi di prevenzione già in precedenza banditi, in quanto di ostacolo alla spontanea procreazione.
Che la Chiesa si attesti su posizioni contrarie agli anticoncezionali è noto ed anche condivisibile nella specifica visuale dei principi cattolici di sacralità di ogni forma di vita. Ciò che dispiace è che ancora una volta sia stata ribadita una profonda frattura sociale fra la sfera della religione e quella della scienza e del sociale, che porta in questo caso la stessa Chiesa a negare basilari principi scientifici e medici che sono alla base dei punti di riferimento di cui la società dispone per contrastare la diffusione di gravi epidemie.
Bene fa il Papa a ribadire le rigide posizioni del Clero sulle teorie morali afferenti appunto alla fecondazione, all'eutanasia o alla pena di morte. Su regole morali è giusto che la Chiesa esprima il proprio credo, condivisibile o meno che sia, proponendosi come baluardo fermo ed immutabile contro un progresso che troppo spesso diviene degrado di principi e valori.
Ma relativamente ad aspetti deterministici di collegamento malattia/contagio/prevenzione, la preminenza delle verità mediche non può essere messa in discussione con tanta facilità, finendo in tal modo per esasperare posizioni di scetticismo nella popolazione che viceversa sarebbero state almeno compensate da un sincero e convinto attaccamento ai valori cristiani elementari.
Così come, al contrario, andrebbe colta e valorizzata la forte affinità con molti principi della Chiesa dimostrata da coloro che pur definendosi atei convinti, dimostrano nei fatti profonde similitudini di approccio e fratellanza con il prossimo, secondo il credo della comunità cattolica o più, in generale, cristiana.
L'estremismo del 'bianco o nero', sembra dover cedere il passo ad una più profonda valutazione delle molte zone grigie che da un lato tormentano l'animo dei credenti disconosciuti e dall'altro destano intime riflessioni in quello degli atei, favorendo così lo sviluppo di una più articolata e complessa interpretazione dei diversi punti di vista, a favore di una migliore difesa dei veri valori umani che nobilitano la vita che ci è stata donata (per alcuni da Dio, per altri da Madre Natura).

23.3.09

S.O.S. cercasi un bel libro

Con grande fatica e sforzo di volontà cerco di difendere qualche mezzora della settimana per continuare a leggere libri. Se potessi tornare indietro all'adolescenza, quanto sfrutterei di più quegli anni in cui la mente è sgombra di pensieri e assorbe tutto con estrema facilità! Oggi leggere un libro mi richiede indicibili sforzi di concentrazione oltrechè il sacrificio di privarmi di altro che magari sarebbe esperienza ben più riposante.
Ma la ricchezza che dà la lettura di un libro, non la dà l'ascolto di una canzone o la vista di un quadro. Lo sforzo che fa la mente per calarsi in una storia, nella psicologia dei suoi personaggi, nella tensione della trama che vi si sviluppa, forniscono stimoli insostituibili alle nostre esistenze banali.
Però c'è un "ma".
Se da un lato siamo sommersi dai libri che vengono pubblicati ogni giorno e tra i quali ci smarriamo entrando in una libreria, dall'altro mi sembra sempre più difficile incappare in un libro che mi soddisfi pienamente.
So di essere forse troppo esigente, di evitare i best seller che mi ispirano un sapore di produzione industriale, di non avere una particolare passione per i gialli e la fantascienza, di cercare dei libri da portarmi dentro per sempre.
Per me la prima cosa che conta è la trama. Una trama semplice e lineare, ma avvincente ed originale è alla base di un bel libro.
Mi sembra però che vi sia una crescente tendenza a sviluppare trame contorte e di non immediata comprensione, come se al lettore al pari di un investigatore si richiedesse lo sforzo di decifrare flebili indizi sparsi qui e là dall'autore per riuscire a dare un senso ai vari capitoli, pena il sentirsi inadeguati o intellettivamente inferiori. E' qualcosa che accade anche nei film e che mi indispettisce molto.
Per non parlare del numero esagerato di personaggi che vengono introdotti nella storia, ma che spesso finiscono per essere un mero riempitivo, non sentendosi alcuna necessità reale della loro presenza nella trama.
Poi c'è la poesia, che dovrebbe emozionare e far volare il lettore a prescindere dalla trama in sè.
Ma anche qui, spesso, mi trovo ad avere a che fare con libri noiosi, freddi come se fossero stati studiati a tavolino. Magari perfetti nello stile, ma incapaci di cogliere il senso poetico che sarebbe richiesto da una storia anche se molto semplice.
Poi, se una trama ben sviluppata ed avvincente si sposa con uno stile fluido ed una narrazione poetica, allora si può ben parlare di un capolavoro, ma siamo già un bel pezzo avanti, giacchè non è facile trovare scrittori che risultino eccellere nell'uno e nell'altro aspetto.
Così, ogni volta che inizio un libro, purtroppo non molti nell'anno, lo faccio con la speranza che sia quello giusto, che magari mi possa restituire le emozioni della lettura che provai quando ragazzino lessi Steinbeck, Kafka o Hesse, o che riassaporai quando, ormai grande, mi imbattei nei libri di Moravia, Saramago o Maggiani.
Sorrido ora, quando mio figlio di tre anni mi viene incontro chiedendomi con gli occhi assetati di sapere "papà, mi leggi un bel liblo?".

18.3.09

I misteri del caffé

Milioni di persone, soprattutto italiani, sono soliti concedersi un caffé a conclusione di un pasto, generalmente quello di mezzodì.
Non è chiaro se ciò sia: a) frutto di un'abitudine; b) utile al processo digestivo; c) espressione di un inconscio attaccamento alle tradizioni popolari; d) espressione del desiderio di degustare il sapore della bevanda; e) un mix di tutte queste cose.
Trovo però fastidiosi l'assembramento di gente che tenta di rubarsi lo spazio davanti al bancone dove vengono serviti i caffè o la fantasia degli avventori che richiedono al barista le più complesse combinazioni tra tazza, tazzina, vetro, con schiuma o con cremina, macchiato, lungo o ristretto, tazzina calda o tazzina fredda, etc., ed ancor più mi respinge il veder rimescolare la tazzina per raccogliervi gli ultimi fondi prima della sorsata finale. Senza dimenticare la sonnolenza che immediatamente mi pervade non appena ingurgitata la densa e schiumosa miscela, che dovrebbe eccitare ed invece deprime ancor più i già offuscati sensi del dopo pranzo.
Eppure, ogni volta mi ritrovo lì ad assecondare la proposta di qualche amico che mi invita a prendere un caffè con lui.

16.3.09

Quando una città diviene cosmopolita

Se ci guardiamo indietro, la trasformazione subita da Roma (ma gli stessi argomenti possono ben applicarsi a molte altre città) negli ultimi venti anni trova la sua maggiore espressione nell'elevato numero di cittadini di altre razze e paesi che l'hanno scelta, o hanno dovuto sceglierla, per viverci.
Roma, per sua natura, ha sempre faticato a acquisire una dimensione internazionale o, quantomeno, mitteleuropea, a differenza ad esempio di Milano. Ciò per effetto di fattori oggettivi (la sua collocazione geografica più esterna al circuito degli affari transnazionali ad esempio, o la minore attitudine del suo tessuto economico-sociale allo sviluppo infrastrutturale e dei servizi), ma anche soggettivi, quale può dirsi un certo orgoglioso attaccamento localistico al proprio passato ed alle proprie antiche ed epiche origini.
Eppure, nell'ultimo ventennio il distaccato disincanto dei suoi abitanti ha favorito una crescente coesistenza con gente di tutto il mondo. Profughi provenienti dall'est europeo, dall'Africa, dal Sudamerica o dall'Asia, Paesi dalla cui prospettiva Roma appariva comunque una terra promessa, magari di serie B perchè anch'essa piena di problemi e di disagio sociale, ma comunque appetibile agli occhi di tanta gente disperata.
Ora che a posteriori il processo è ormai a regime, si può dire però che nel complesso abbia giovato alla stessa città, che dovendo affrontare problemi del tutto nuovi rispetto al passato ha compiuto un passo in avanti verso contesti urbani molto più evoluti su un piano dell'integrazione e della globalizzazione.
Roma sembra oggi non solo molto vicina a Milano - se non più avanti in taluni approcci delle istituzioni verso il problema delle minoranze - ma forse anche più vicina a realtà come New York, Parigi o Londra, che il medesimo cambiamento lo hanno affrontato e metabolizzato decenni prima.
L'aumento della violenza (reale o strumentale alle parti più reazionarie?), la dispersione di valori e culture locali, non devono far perdere di vista il fatto che aspetti positivi ben di maggiore portata stanno accompagnando questa epoca di migrazioni, trasformando Roma, come le altre città italiane, in "città del mondo", con impagabili vantaggi in termini di avvicinamento ad un reale venir meno delle barriere fra i paesi ed i popoli.

23.2.09

I suoni della natura

La musica. La rondine che non vedo ma sento. Le verdi foglie fanno un gran frusciare tutt'attorno. Un insistente vento spira da sud portando con sè la solitudine dei deserti sabbiosi e infuocati.
Solo la natura possiede una siffatta forza del lnguaggio. Che basta un cinguettio, lo sbattere delle foglie sui rami e rametti, una brezza africana, a ricordarci che noi siamo parte di un tutto e non la maggior parte di esso, nè tantomeno quella più pregiata.
Siamo uomini che difendono con ardore le loro proprietà e ricchezze. Non la natura che nulla possiede e tutto regala.

11.2.09

Religione e laicità

Si è conclusa la drammatica vicenda della ragazza in coma ultradecennale, mantenuta in vita con costante sostegno medico. Il padre ha infatti trovato il supporto legale di una apposita sentenza per dare indicazioni ai sanitari affinchè sospendessero le terapie alla figlia e ne causassero quindi l'inevitabile decesso.

La storia, assai dolorosa nei suoi contenuti umani, è presto divenuta un fertile terreno di scontro fra opposte convinzioni morali e parti politiche.

E' questo tuttavia un destino comune a molti temi che investono l'ambito dell'etica, per il quale un percorso strettamente politico o legislativo non è agevole per dissipare ogni dubbio sulle decisioni da prendere. Sia che si parli di contraccezione o di aborto, di pena di morte o di eutanasia, esiste un'area grigia che mai potrà trovare piena e reale definizione nel diritto civile, perchè le risposte ricercate si nascondono fra le pieghe della nostra coscienza.

Se personalmente i valori cattolici, che custodisco gelosamente in me, portano a giudicare del tutto aberrante la conclusione della vicenda della ragazza in coma, non posso ignorare che in altre coscienze prevalgono valori laici improntati alla scienza ed al rifiuto dell'ostinata sofferente sopravvivenza. Allora, necessariamente il contendere si sposta sulla natura religiosa o laica dello Stato sociale. Ovvero, ci si domanda se la religione di Stato debba o meno orientare il legiferare del Parlamento e l'operato dei governi.

Quello cui si è assistito è uno scontro tra queste due impostazioni, assunte rispettivamente dall'attuale Governo e dall'opposizione, non senza ovvie prese di posizione strumentali alla dialettica politica.

In merito a ciò, credo - anche a dispetto della mia posizione personale - che lo Stato debba avere una sua laicità che preservi la libertà del singolo. Ossia, le nostre convinzioni religiose o morali non debbono in alcun modo andare a detrimento della libertà degli altri, che pertanto merita massima tutela da parte della legge.

Si può discutere su un piano morale se la progressiva tendenza al prevalere di posizioni deterministiche e laiche vada verso un crescente inaridimento di valori quali il rispetto della vita (penso all'aborto) e il perdono (penso alla pena di morte). Ma ancora una volta sarebbe un dibattito sterile, giacchè religione, morale, determinismo e laicità sono temi che appartengono all'intimità del nostro pensiero che nessun altro o nessuna legge potranno mai violare.

4.2.09

Accontentarsi

Vivendo ormai da lungo tempo una dimensione di vita fortemente penalizzata da lunghi tempi di lavoro e scadenze sempre pressanti, ogni volta che mi trovo a conoscere l'atmosfera intima di piccoli bar decentrati o di empori dalle prospettive limitate, non riesco a sottrarmi ad una spontanea ammirazione per i solidi equilibri che governano la vita semplice di proprietari e lavoranti.
Gente che trova ancora gli spazi per riempire la pausa del pranzo con una partita a carte improvvisata o che si scambia salaci battute umoristiche senza per questo pregiudicare il serio e costante impegno per la qualità del servizio al cliente.
In questi cosmi sopravvive la giusta filosofia che altrove viene travolta dalla smodata ricerca di fama, soldi, agi, potere. Non che i guadagni non siano anche per coloro che conducono questi esercizi commerciali l'obiettivo primario di una giornata di lavoro, ma l'individuo resta solido nei suoi semplici principi e non arretra di una virgola rispetto alle pressioni che riceve dall'invadente modernismo e capitalismo.
Resto convinto che le persone semplici, coloro che sanno accontentarsi, hanno in mano la vera chiave della felicità e brillano della più pura dignità.