25.12.12

La città del silenzio

C'è qualcosa di primordiale nell'istinto che porta l'uomo davanti alla tomba di un caro che non c'è più.
Una tomba è una porta che ci schiude la via verso l'ignoto, l'aldilà. È la parte più terrena dell'ultraterreno. Qualcosa che era parte di noi e che è passato ad essere parte dell'infinito.
Davanti a questo mistero ci zittiamo. Siamo impotenti, le tecnologie non ci assistono, il denaro non ha utilità alcuna, le nostre sicurezze vengono meno.
I volti che ci osservano dalle fotografie incastonate nella pietra marmorea diventano improvvisamente angelici. Occhi che hanno visto e che ci raccontano. Sguardi che ci rassicurano e ci consolano. E noi ci affidiamo ad essi, forse più di quanto facessimo quando erano in vita.
Dai tempi degli antichi, dalle origini delle religioni, il culto dei morti riveste un ruolo importante nel comportamento degli uomini, trasformando in silenzio l'affanno rumoroso di chi cerca di sopravvivere.
Ancora oggi lo stesso silenzio ci coglie all'improvviso quando varchiamo un portale di un cimitero, lasciandoci alle spalle l'assordante rumore della città e del nostro travaglio quotidiano.
E loro sono li', a dare un senso a tutta la nostra esistenza, dopo averla procreata.

30.11.12

Palestina: Europa 1 - U.S.A. 0

Da stanotte la Palestina è " stato non membro osservatore" dell'O.N.U.
Un plebiscito, con i soli voti contrari di Israele e Stati Uniti.
L'Italia e l'orgoglioso Governo Monti si schierano a favore.
Un evento simbolico e forse importantissimo verso il riconoscimento politico dello Stato palestinese.

24.11.12

Fa paura il mare d'inverno?

Le località di mare quando è inverno cambiano nettamente aspetto.
Sono spoglie del contorno che l'estate dà loro, quando le riveste di caldo, di sole, di bagnanti, di gelaterie a pieno ritmo, di bambini lanciati a tutta birra sulle biciclettine, di giovani che emanano ormoni da ogni poro della pelle, di bagnini in canottiere rosse mollemente adagiati sulle sedie in riva al mare, in attesa di un pericolo che non si sa se arriverà mai, di ondate di acqua che si infrangono luminose sul bagnasciuga, di ondate odorose di fritti di mare che stantuffano fuori dalle canne fumarie dei ristoranti; di nonni che rivivono la loro giovinezza negli occhi fiammeggianti di vita dei nipoti, di bar rumorosi per il ciabattio dei clienti, di distese ed allegre cene nei giardini illuminati delle case, di telefoni che trillano le loro chiamate e i messaggi d'amore ricevuti da centinaia di chilometri di distanza; di cassiere dei supermercati che riempiono buste una dopo l'altra, di affollate e accaldate messe domenicali, di affollati e accaldati lungomare.
Poi, finisce il periodo delle vacanze e come in una sala da ballo dopo la festa, restano soltanto i segni dell'orda appena passata: carte stropicciate in terra che vengono spostate dal vento e fatte roteare in aria in interminabili mulinelli. Un palcoscenico di colpo abbandonato dagli attori, una scenografia che cede, crepa dopo crepa, sotto i colpi di un presente che diventa passato, di un caldo che diventa fresco e poi freddo.
Nella cittadina di mare piomba una calma innaturale ma profonda e vera; tutto si richiude su se stesso, come una belva che si appresta al letargo invernale. Lentamente, giorno dopo giorno, i battiti cardiaci tornano al minimo vitale, i nervi si distendono, il tempo si dilata mentre le giornate si accorciano. I gestori degli stabilimenti balneari ripongono gli ombrelloni nei ricoveri invernali e sembra quasi che insieme ad essi ripongano anche se stessi, tanto scompaiono rapidamente dalla vista, lasciando dietro di sè anonimi caseggiati che non sembrano avere alcun apparente scopo.
Il negozio che affitta e ripara le biciclette è ora chiuso e lo sarà fino a primavera. Come se nessuno degli abitanti possa forare una gomma in inverno. I chiodi in terra sono soltanto per i bambini dai costumi colorati...
Molti dicono che le cittadine di mare in inverno mettono tristezza. No, semplicemente in estate ci stordiscono con tutta la straripante vita che le pervade, impedendoci di pensare o consentendoci di non pensare. Quando invece le visiti in inverno, non riesci a non pensare. A molti fa paura pensare, molti temono di ritrovarsi con i propri pensieri. E' più rassicurante sentirsi parte di un fiume che ti trascina con sè ed al quale ti abbandoni senza preoccuparti, sapendo che ti porta dove vuoi andare.
Ma d'inverno, la cittadina è nuda. Tu sei solo con lei, e stavolta è lei che aspetta da te le indicazioni su dove andare. Lei ti costringe a pensare, a decidere. Ti costringe a doverti ascoltare, perchè c'è molto più silenzio in giro.

18.11.12

Panta rei

Si diresse verso la pattumiera per gettar via il barattolo di latta dal quale aveva estratto poco prima il mais per la sua insalata. Il coperchio dal filo tagliente era ancora piegato perpendicolarmente, attaccato per un breve tratto al resto del metallo. Proprio per questo lo teneva con cura, evitando di ferirsi.
Quando, pestando sul pedale, la pattumiera si aprì, si accorse che l'interno era colmo e che nulla di altro vi sarebbe entrato. 
Poggiò nuovamente il barattolo su un ripiano e iniziò ad armeggiare per sfilare la busta piena di spazzatura dal secchio di plastica. Man mano che a fatica estraeva la busta dal secchio, il contenuto si ridistribuiva al suo interno trovando nuovi spazi e incastri. Diede uno scossone per assestare il tutto e poi, con mano esperta, ricavò due lembi dal sottile velo di cellophane per poi annodarli fra loro. 
Decise di scendere subito in strada per liberarsi di quel maleodorante ingombro. Indossò una giacca ed uscì velocemente di casa, tirandosi la porta dietro di sè. Un attimo dopo si tastò le tasche della giacca, provando un senso di sollievo quando al tatto riconobbe il mazzo di chiavi all'interno. Fuori, l'aria era umida e calda. Si mosse spedito nella direzione del cassonetto, con il sacchetto che oscillava penzoloni da una mano. In pochi minuti si era liberato dei suoi scarti alimentari.
Risalì a casa soddisfatto. Ritrovò il barattolo di latta dove l'aveva lasciato. Estrasse da una credenza una nuova busta di cellophane e la inserì all'interno della pattumiera dispiegandola con accuratezza. 
Infine, con la stessa cura di poco prima, prese il barattolo e lo gettò nel secchio. Nella cucina echeggiò il suono di qualcosa che cade in spazi vuoti. Il coperchio del secchio si richiuse quando ebbe tolto il piede dal pedale.
Poi riprese le sue faccende in casa.

17.11.12

I gigli di De Gregori

E voglio vivere come i gigli nei campi,
come gli uccelli del cielo campare,
e voglio vivere come i gigli dei campi,
e sopra i gigli dei campi volare.

Francesco De Gregori - A Pa'  (da "Scacchi e Tarocchi", 1985)

16.11.12

Guerre infinite

Ieri, 200 razzi hanno colpito la città di Tel Aviv. Provenivano dai guerriglieri palestinesi di Hamas.
Dopo decenni, questa annosa guerra di religioni va ancora avanti, a dispetto delle molte tregue firmate dalle Parti nel corso del tempo, sotto il patrocinio delle maggiori potenze mondiali.
Una pace duratura avrebbe però bisogno che il popolo palestinese ricevesse una terra vera, dove i padri possano mostrare con orgoglio ai figli che il sacrificio di tanti anni di combattimenti ha prodotto il risultato di una patria da lasciar loro in eredità.
Invece, ci importa e non ci importa.
E così, magari, tra quarant'anni altri razzi colpiranno le abitazioni dell'una o dell'altra popolazione.

15.11.12

Un bar

Un piacevole bar nel mezzo di uno squallido quartiere di uffici.
Buona e non invadente musica in sottofondo, buone maniere nel servizio.
A volte ci si puo' sorprendere anche di cio' che dovrebbe essere la norma.

8.11.12

Acquisizione di consapevolezza

Per caso, mi è capitato di imbattermi in due opere, un libro e un film, che mi hanno suggerito una comune chiave di lettura.
Si tratta di Cosmopolis, romanzo dello scrittore De Lillo, e di Tree of life, film del regista Malick. 
Non sono lavori facili e di agevole interpretazione. O meglio, lo sviluppo della trama è in entrambi i casi molto rarefatto e contraddistinto da pochi fatti salienti. Sono quindi lavori che richiedono una attenzione particolare e maggiore fatica in termini di concentrazione, tanto sono onirici e visionari in molti loro passaggi. 
Entrambi, però, lasciano la rara sensazione di qualcosa che si ha voglia di iniziare nuovamente, e subito, da capo. E questo è già un risultato non comune.
Ma ciò che più li accomuna, trovo sia la capacità che i due autori hanno nel rappresentare un complesso processo di evoluzione psicologica del rispettivo protagonista, il quale da figura vincente, spavalda e premiata dalla vita, si trova costretto suo malgrado a sentirsi nascere dentro un crescente germoglio di cambiamento e di consapevolezza di una sconfitta, o comunque di un ripensamento della propria esistenza.
In Cosmopolis il protagonista si allontana gradatamente dal potere, dal successo della posizione economica, dalla sua strabiliante ricchezza, fino ad una rivolta personale contro se stesso.
In Tree of life, la dimensione è maggiormente interiore, ed il personaggio principale (un bravo Brad Pitt) riconosce il fallimento della sua durezza di padre, di marito e di essere umano, cocciutamente rigoroso e perfetto nei suoi modi borghesi inattaccabili.
Mi piace fissare nella memoria questo parallelo, perché non capita poi così spesso di leggere un libro o di guardare un film, entrambi contemporanei, che scavino nella psiche umana in modo così realistico ed efficace.  

25.10.12

La tempesta di Dylan

Ho ascoltato l’ultimo disco di Bob Dylan (Tempest, il titolo).
Le sonorità e lo stile sono quelli degli ultimi lavori (post Time out of mind, ultimo capolavoro datato 1997). Quindi, non un disco che resterà nella lista dei suoi migliori. A volte viene da pensare che i pezzi siano stati composti a partire da spunti fornitigli dalla band che da anni lo accompagna e che sembra particolarmente influenzata da un blues rock anni ‘40-‘50.
Ma la mano di Dylan si sente sicuramente, oltre che nei testi, anche nel mood che molti brani assumono grazie alla sua sgraziata ma efficace voce da crooner. Una menzione particolare merita sopratutto la title track, Tempest, che per 14 minuti e più, con soli 4 accordi di chitarra ripetuti all’infinito, racconta la vicenda del Titanic, con riferimenti espliciti alla versione cinematografica con Di Caprio. Un pezzo straordinario, che da solo merita l’acquisto del disco.
Comunque è bello sapere che a 71 anni Dylan è ancora “on the road”, così come è bello sapere che ogni mattina sorge il sole.

20.10.12

Un'altra importante parola

L'empatia è la capacità di comprendere appieno lo stato d'animo altrui, sia che si tratti di gioia che di dolore.
Nelle scienze umane, l'empatia designa un atteggiamento verso gli altri caratterizzato da un impegno di comprensione dell'altro, escludendo ogni attitudine affettiva personale (simpatia, antipatia) e ogni giudizio morale. Fondamentali, in questo contesto, sia gli studi pionieristici di Darwin sulle emozioni e sulla comunicazione mimica delle emozioni, sia gli studi recenti sui neuroni specchio scoperti da Giacomo Rizzolatti, che confermano che l'empatia non nasce da uno sforzo intellettuale, è bensì parte del corredo genetico della specie.

(da Wikipedia)

8.10.12

Rientro in rada

Al termine di un lungo viaggio in mare, attraversando oceani in tempesta o aggirando capi schiumosi per le onde che vi si infrangono, la barca scorge in lontananza la rada e le placide casette che incorniciano il porto.
I marinai assaporano la rassicurante stabilità della terraferma, il confortante sapore delle birre sorseggiate, appoggiati ai legni consunti delle taverne.
Il normale, la routine, attrae con il suo rassicurante ripetersi delle cose. Gli uomini si staccano a fatica dalle loro consolidate abitudini. E quando lo fanno, il loro pensiero va spesso al momento in cui, toccando di nuovo terra, potranno fortunatamente trovare un nugolo di placide casette e un legnaccio consunto umido di birra ad attenderli.

13.9.12

Black out

Mi dà molto gusto quando il treno su cui viaggio imbocca una galleria al cui interno i segnali radio e Internet vengono meno.
Allora, decine di businessmen all'unisono iniziano a ripetere ossessivamente "Pronto?!, Pronto?!", infastiditi dalla temporanea interruzione che li costringe ad un anonimo silenzio.
Che gusto!

7.9.12

Runners all'imbrunire

Il buio scende inaspettato sui vialetti e sugli spazi alberati. L’allontanarsi della stagione estiva sorprende sempre per la velocità con cui accorcia le giornate. Anche il caldo delle passate settimane è ormai un ricordo piacevole.
Nugoli di runners si intrecciano lungo i tanti percorsi improvvisati che l’ampiezza del parco consente. Tante individualità concentrate nello stesso sforzo fisico, a sciogliere d’incanto tensioni e stanchezza.
I piedi calpestano il terreno con regolarità, le braccia seguono ondeggiando allo stesso ritmo. Qualcuno ha con sé della musica digitale. Sembra che la musica renda più efficace la continuità dello sforzo.
Questa umanità che corre solitaria ma coesa, rispettosa del comune impegno sportivo, rallegra con le sue maglie variopinte l’imbrunire, che come sempre pone termine ad una giornata della vita.

6.9.12

Bugiardi

Sarebbe interessante disporre di una statistica che evidenzi la propensione degli individui a mentire. Le nostre esperienze di vita ci pongono quotidianamente di fronte a persone che con diversi fini e motivazioni, cedono alla tentazione di piccole o grandi bugie da rivolgere a interlocutori più o meno stretti.
Non dispongo di queste statistiche, ma ho una personale sensazione che ci sia una certa superficialità al riguardo. Che vi siano cioè molte persone che dicono molte bugie. E, quel che è più grave, che vi siano molte persone che non provano alcun fastidio o rimorso nel farlo.
La colpa è certamente del nostro carattere, che non è sufficientemente saldo per imporre la verità a quelli con cui ci rapportiamo. La colpa è della nostra morale che non è sufficientemente elevata per non impantanarci in situazioni in cui la verità è scomoda. Siamo deboli insomma. L’uomo si sa, è debole.
Quale bisogno si sente però di un rinnovamento morale e di stile, che ci porti a rivalutare la profonda importanza del dire sempre la verità! Quale sensazione di freschezza si potrebbe provare muovendosi in un mondo fatto di trasparenza e pulizia.
Sono utopie queste, è vero. Utopie che farebbe bene però tenere sempre, come dicono gli anglosassoni, in the back of our minds…!

22.8.12

Cene borghesi

In Italia ci vantiamo di essere grandi amanti del cibo e della buona cucina. Il pasto come momento di ritrovo sociale è un punto fermo della nostra cultura.
Distinguerei però due tipi di convivi: quello che riunisce i componenti di un nucleo familiare, più o meno allargato, e quello in cui un nucleo familiare invita alla propria tavola amici o conoscenti.
In quest'ultimo caso mi sembra che vi sia soprattutto nell'alta borghesia nostrana, una tendenza piuttosto pacchiana di rendere il pasto un'occasione di dimostrazione del proprio status economico.
Sfoggio di personale di servizio, di tovagliati ed arredi di particolare ricercatezza, di ricette sempre ad effetto, la ricerca a tutti i costi della cena perfetta, che dimostri agli invitati come i padroni di casa dispongano di tutte le dotazioni economiche per appartenere a pieno titolo ad una fascia "eletta" di società. E sicuramente gli invitati si sentiranno poi in dovere di ricambiare l'invito, per affermare a loro volta il non essere da meno.
Una piacevole occasione di incontro diventa così un'esibizione di una presunta eleganza e raffinatezza, che inevitabilmente sfocia nella più pacchiana delle esibizioni.
La vera eleganza non sta forse nel muoversi senza far sfoggio di una propria innata eleganza? La vera eleganza non sta forse nel non mettersi in mostra?
Andate a rivedervi il bel film di Luis Bunuel "Il fascino discreto della borghesia", dove ci viene data una magistrale lezione sull'argomento. Dopo, andrete alle cene con un differente spirito di osservazione.

19.8.12

Acquagym

Passeggio su una spiaggia. È affollata essendo agosto. Mi colpisce un'assordante musica dai ritmi martellanti. Viene da un punto della spiaggia in cui una ragazza, urlando dentro un megafono, impartisce istruzioni per esercizi di ginnastica in acqua.
Allora d'istinto mi volto verso il mare. Un imponente schieramento di bagnanti è impegnato a replicare a ritmo i movimenti della ragazza. È tantissima gente: uomini, donne, bambini, giovani e meno giovani. Tutti lì a esercitarsi con la ginnastica acquatica.
Parrebbe uno spettacolo non particolarmente ricercato per finezza e armonia ambientale.
Eppure, resto incantato come davanti ad un grande affresco ricco di personaggi. Un impatto visivo straordinario che mi ha lasciato una sensazione positiva e che ricorderò a lungo.

16.8.12

Esordi sull'altare

In una piccola chiesa di campagna, dove si celebra la Festività di Ferragosto, un giovanissimo prete, appena consacrato, giunge con un lieve ritardo rispetto all'orario di inizio della Messa.
Indossa un paio di bermuda jeans e porta con sé, sottobraccio, la tonaca con cui celebrerà la cerimonia. Entrando in chiesa, sorride imbarazzato.
Una sana immagine di un uomo di Dio felice in Terra.

9.8.12

Dietro il finestrino di un treno

Dietro il finestrino di un treno il mondo scorre silenzioso come in un film muto.
Noi lo ammiriamo con stupore, con lo stesso rispetto che si dedicava ai film di Chaplin.
Intimoriti, in realtà sappiamo che dietro quel finestrino scorre l'imponente storia delle nostre vite lanciate verso il futuro.

8.8.12

Padri separati

Sembra strano pensare che tanti anni fa due coniugi che non andassero più d'accordo, erano comunque vincolati all'unione formalizzata tempo prima e che spesso la scelta fosse quella di far buon viso a cattiva sorte, così da mandare tutto avanti, magari con il reciproco chiudere un occhio davanti a condotte del coniuge poco rispettose dell'impegno preso con il matrimonio.
Venne poi il divorzio a sancire la possibilità che il legame potesse finire, e da lì l'imponente sviluppo di tutta la giurisprudenza avente ad oggetto il diritto familiare e le separazioni coniugali.
Oggi sarebbe strano, quasi innaturale, immaginare un accanimento terapeutico che porti una coppia a prolungare il proprio malessere, proseguendo artificiosamente una convivenza, alla fine dannosa per tutti i componenti del nucleo familiare.
Sempre oggi, penso si possa tranquillamente dire che una buona quota parte della popolazione abbia sperimentato la spiacevole esperienza del fallimento del matrimonio, magari anche più di una volta. Gli stessi bambini crescono ormai circondati da coetanei che serenamente si vivono la loro doppia casa, la doppia vacanza, la doppia educazione. L'anomalia diventa cioè modello sociale e viene assorbita nel rassicurante alveo della normalità. Bene così.
Poco mi sembra invece si sia fatto per approfondire i riflessi che una separazione produce sulla figura del padre, che nella generalità dei casi si ritrova, a seguito di una separazione, a dover pagare ingenti alimenti, adattarsi ad una soluzione abitativa certamente peggiorativa della precedente e a dover - soprattutto - privarsi del quotidiano calore ancestrale assicuratogli fino a quel momento dai suoi figli. Nella prevalenza dei casi, infatti, i minori, a tutela del loro sviluppo naturale e biologico, sono infatti appannaggio della donna, che continua ad accudirli mantenendo di fatto presso di sè il nucleo centrale della famiglia.
Gli accordi di risoluzione consensuale, gli affidi condivisi, sono certamente passi avanti verso una potenziale maggiore flessibilità negli equilibri logistici e temporali fra i coniugi chiamati ad una cogestione dei figli.
Mi chiedo però se non possano essere approfonditi - anche a livello di psicologia dell'infanzia - schemi di organizzazione dell'affido, tali per cui anche il padre abbia diritto, a parte le vacanze, ad avere con sè i bambini per un periodo dell'anno sufficientemente lungo (un mese l'anno?, due mesi l'anno?) da garantirgli il mantenimento di una minima quotidianità nel rapporto con i suoi bambini, valore - questo della quotidianità del rapporto - che alla fine dei giochi è la vera, immensa perdita che subisce un padre a seguito di una separazione.

1.8.12

Bianco e nero

Mi sembra che si stia perdendo l’abilità di riconoscere due semplici categorie del comportamento umano, il giusto e lo sbagliato.
Oggi, chi fa naufragare una nave causando la morte di decine di persone, diventa un personaggio pubblico che viene pagato affinché conceda un’intervista in prima serata televisiva. Od ancora, i media cercano di far passare il concetto che il tradimento sia un fatto di cui sorridere e che qualifica in modo vincente il coniuge che lo commette. Ex terroristi scrivono sui giornali al pari di un Indro Montanelli.
Le cose giuste sono chiaramente giuste e quelle sbagliate sono chiaramente sbagliate. Non facciamo finta di ignorare il bianco di ciò che è bianco ed il nero di ciò che è nero. Aboliamo i grigi. Sono i compromessi che facciamo per giustificare la nostra debolezza o le nostre convenienze economiche o di potere.
Ne guadagnerebbe enormemente la pulizia morale e il livello intellettuale della nostra società.

29.7.12

Paradisiaca Giannutri

Giannutri è una piccola isola di 18.000 ettari situata ad un’ora di navigazione dal promontorio dell’Argentario, nonché una delle maggiori riserve marine in Europa. Soprattutto, è il posto che più si avvicina alla comune accezione del termine paradiso.
Se si opta per un soggiorno più lungo della classica gita giornaliera, si ha la possibilità di scoprire un luogo che trasuda storia, magia e silenzio da tutti i suoi angoli più nascosti.
Le coste scogliose offrono ripetute baie e calette dove poter riscoprire una dimensione di vita ancestrale, in cui il tempo sembra sospeso ed immobile e la natura fa da padrona assoluta.
Il contatto con la fauna è una delle cose che lascia maggiormente sorpresi. Gabbiani che sostano placidi un po’ ovunque, pulcini di gabbiani che vagano curiosi fra i cespugli assolati trovando talvolta una morte prematura. Falene di dimensioni enormi che dormono in tutta tranquillità sui muri assolati del giorno pieno. Il silenzio della notte rotto da dolci suoni gutturali prodotti dai delfini che nuotano nelle acque antistanti l’isola, intrecciando i loro richiami con i versi dei rospi e dei grilli.
Sott’acqua vive poi un mondo altrettanto vivo e sereno. Banchi di pesci multicolori si lasciano cullare dalle vigorose correnti di acqua fredda, attraversando folti cespugli creati da alghe e anemoni. Paguri e grosse orecchie di Venere dall’interno argentato, giacciono immobili ancorati agli scogli o al fondale. Qui e là non è difficile restare affascinati dallo splendido rosso scarlatto di stelle marine di dimensioni sorprendenti. Gli abissi marini sono poco distanti, là dove l’occhio non riesce a varcare l’impenetrabile blu. 
Sull’isola il paesaggio è bucolico: lunghi sentieri si aprono varchi sui poggi e nelle vallette che separano una costa dall’altra. Sono passeggiate piacevoli da compiersi. Poco più di un’ora per attraversare l’isola. Nel frattempo, come non restare incantati dalle viste che si aprono da tutti i lati, dai tramonti perfetti, dal profumo della macchia mediterranea che cresce rigogliosa e selvaggia. Il rosmarino è ovunque, accanto al corbezzolo e all'euforbia. Quest’ultima, spogliatosi dalla fioritura, esibisce le cime rossissime dei suoi rametti, che sembrano accesi di brace dal sole che tramonta. Il faro, anch’esso di un rosso acceso, svetta dalle alte scogliere di Punta Capel Rosso, anch’esso vuoto di presenze umane ma carico di infinita poesia.
Al centro dell’isola affascina la presenza di uno scarno campetto di calcio attiguo alla pista circolare dell’eliporto. Sul primo, pochi bambini rincorrono un pallone avvolto da nuvole di terreno, mentre all’interno del secondo le bambine accennano a mosse di ginnastica artistica attendendo che la partita finisca.
La notte lo spettacolo è in cielo, là dove miliardi di stelle splendono luminose disegnando dal vivo la mappa della sfera celeste, mentre con frequenza impressionante molte stelle cadenti attraversano la volta del cielo come comete impazzite.
Non sarebbe ancora perfetto il tutto se Giannutri non avesse costituito un antico insediamento dei Romani, che nei primi secoli d.c. vi si stabilirono edificando una maestosa villa e adibendo le principali baie a porti di approdo e scarico merci. Mura, abitazioni, cisterne, colonne, restano ancora oggi una testimonianza preziosa di quei tempi, dando vita ad uno scenario in cui le atmosfere sono anche difficili a raccontarsi.
La sera i pochissimi abitanti accolgono i pochi turisti nella piazzetta accanto al Porto. Qui sono aperti l’unico bar, l’unico ristorante, l’unico emporio. Non è raro così che il costo di un pacco di pasta prelevato dai banchi dell’emporio finisca nel conto complessivo da pagare a fine cena. Sono gli stessi commercianti, infatti, ad alternarsi al bancone dei negozi o ai tavoli da servire, contribuendo a rendere naturale e familiare l’aria dell’isola.
Così, quando arriva la fine della vacanza e il traghetto riparte da Giannutri dirigendosi verso l’Argentario, non è facile non farsi travolgere da un senso di distacco e nostalgia, che inevitabilmente è destinato a durare a lungo.

22.7.12

La chitarra e la gonna

Un padre siede su una spiaggia di notte. Ha accanto i suoi figli, uno per lato. Suona la chitarra per loro, e canta.
Ogni tanto i bambini si alzano e si divertono improvvisando pazzi balli a due.
In cielo la luna e' affilata a foggia di un falcetto, mentre la brezza notturna offre finalmente un refrigerio dopo il caldo opprimente della giornata.
Sulla riva poco distante, una ragazza passeggia avanti e indietro fra le onde che si infrangono con fragore. Si tiene la gonna per evitare che i lembi si bagnino nell'acqua. A tratti il vento ne gonfia il leggero tessuto, creando rotazioni sopra la schiuma che nasce e muore.
Sembra che balli al suono della chitarra.

17.7.12

Spettacoli semplici

Quando mi capita l’occasione, mi piace sdraiarmi su una spiaggia di notte, con il viso rivolto verso il cielo, ad ammirare uno spettacolo di fuochi d’artificio. La curiosa visuale, lo scenario notturno delle acque marine che lambiscono la spiaggia, le luci lontane dei pescatori che escono con le loro barche in mare, magari una bella luna, sono una cornice incantevole per le composizioni pirotecniche create ad arte da oscuri appassionati del genere.
L’accoppiata suono-luci stordisce e disorienta le nostre menti poco abituate a cose del genere, e la volta celeste è il più straordinario degli schermi su cui ammirare un film a più dimensioni: visiva, olfattiva, uditiva. Uno spettacolo quasi primordiale, che richiama forse il big bang. Uno spettacolo semplice.
Questi piccole gioie percettive vanno tutelate e promosse perché, al pari dell’arcobaleno o delle lucciole a maggio, affinano la nostra sensibilità e commuovono i nostri cuori come poco altro.

15.7.12

Intimità

La macchina percorre un lungo rettilineo. A sinistra, lei vede soltanto appezzamenti coltivati a tabacco. Alla destra di lui, al di là del finestrino aperto, scorre l'oro delle sconfinate distese di grano. Da quando lei è alla guida, lui ha modo di rilassarsi. A tratti chiacchierano, in altri momenti restano in silenzio assaporandosi l'un l'altro. Sono le ultime ore del giorno, quelle in cui la terra libera nell'aria il calore assorbito sino a quel momento. Non hanno voglia di fare soste. Hanno deciso di tirare avanti fino a tarda sera. Almeno il giorno dopo non resteranno che poche ore di marcia ancora. Lui si china per aprire il sacchetto che ha fra i piedi. Ne tira fuori due focaccette. E' il loro pasto serale. Ne porge una a lei, che distoglie un attimo lo sguardo per ringraziarlo con un sorriso. Mangiano in silenzio. La strada non è molto trafficata. Sono in gran parte auto di persone che si spostano verso la città per passare la serata. C'è un cinema in città, qualche buon ristorante, una discoteca che attrae i giovani della regione, molti bar aperti fino a tardi. Loro invece non intendono fermarsi. Hanno le ore contate, è la loro ultima sera insieme perchè poi il giorno dopo lui deve partire. Hanno deciso di dormire strada facendo. Pensano di trovare sicuramente un motel, un affittacamere, qualcuno che li faccia dormire a un buon prezzo. Lei conduce la macchina con sicurezza. Lui l'ha sempre ammirata. Si è dovuto ricredere sulle donne alla guida. Il tempo passa velocemente. Ascoltano musica, ma solo canzoni che parlino di loro. Parlano di tutto ma solo di tutto ciò che ha a che fare con loro. Fanno progetti, i loro progetti. Quando parli con qualcuno di te stesso il tempo scorre velocemente. Anche per loro si fa subito sera e presto scende il buio. Lei sbadiglia. Lui le chiede se vuole il cambio alla guida. Lei dice di non averne bisogno; che si sente bene. Passano ancora tre ore. Il contachilometri macina numeri, allontanando il momento della partenza e avvicinando quello di arrivo. Si desiderano. Se ne sono accorti cercandosi con le mani. Ora il battito dei loro cuori è accelerato. Lui la guarda mentre lei fissa attenta la strada scorrerle davanti. Sente di essere osservata da lui e questo le piace. Lei gli chiede l'ora, lui gliela dice. Allora la donna dice che può bastare e che possono iniziare a cercarsi un posto per dormire. Non immediatamente però. Non appena possibile lei imbocca una strada che si di allontana dalla strada principale e che si addentra all'interno della campagna. Compiono molte curve poi all'improvviso, nell'oscurità squarciata dai fari della loro macchina, lei scorge un vialetto che conduce ad un grande spiazzo immerso nel nero della notte. La donna ferma la macchina e spegne i fari. Ora sono immersi nel buio e in un silenzio assoluto. Anche i grilli sembrano tacere quella sera, Si guardano e, in mezzo a quel niente, dispersi nella profondità che crea l'assenza totale di rumori, danno sfogo alla loro passione. Poi tacciono l'una sull'altro, felici e spossati. Decidono che sono troppo stanchi per mettersi in cerca di un alloggio. Dormiranno lì in macchina.
Il sole che sorge all'alba li coglie inaspettatamente ancora addormentati. La loro macchina è ferma al centro di un campetto di calcio di un paesello di campagna. Più o meno occupano la zona del cerchio di centrocampo.

13.7.12

Una macabra buonanotte

I telefoni cellulari moderni possono essere imprevedibili. Tra le funzioni sofisticate che sono disponibili ormai in molti modelli, c’è quella della correzione automatica delle parole, al fine di agevolare l’opera di chi digita molti testi e magari necessita di farlo in modo veloce.
Mi hanno raccontato di un episodio particolarmente divertente di una donna che nell’apprezzabile intento di inviare il saluto di buonanotte al suo fidanzato, ha digitato erroneamente la parole NORTE. L’intelligente telefonino credendo che la donna intendesse comporre la parole MORTE, ha diligentemente sostituito la prima con la seconda.
Il povero fidanzato si è visto pertanto arrivare dalla sua compagna un macabro augurio di BUONA MORTE, che l’ha lasciato sul momento un po’ interdetto e preoccupato…. per fortuna però senza successive ripercussioni sulla stabilità del rapporto sentimentale!

11.7.12

Tuffarsi nel rock

Un concerto rock a volte può risultare rigenerante come un tuffo in mare a primavera.

10.7.12

Pensionato, anzi no...

Nel mondo del lavoro si assiste spesso a prepensionamenti di lavoratori che, accettando un contributo dell’azienda e dopo reiterate riflessioni e calcoli matematici, prendono la sofferta decisione di abbandonare anzitempo il mondo del lavoro.
Sono persone di età attorno ai 58-60 anni, evidentemente senza particolari ulteriori aspettative di carriera o di crescita economica. Individui quindi che pur potendo continuare a lavorare, preferiscono dedicarsi ad altri impegni ed interessi personali, compiendo una scelta comunque coraggiosa e psicologicamente non facile.
Il precario contesto economico di questi ultimi 5 anni ha tuttavia creato una nuova fattispecie che, forse incautamente, non è tuttora oggetto di una specifica tutela legislativa: ossia, la modifica della normativa pensionistica che intervenga proprio alla soglia di un prepensionamento già concordato dal lavoratore con l’azienda.
Accade, cioè, che l’improvviso mutamento ex lege dei parametri che definiscono il diritto alla pensione (età, anzianità, loro cumulo, etc.), fa sì che un orizzonte lavorativo che in un primo tempo sembrava per il lavoratore compatibile con il meccanismo del prepensionamento, all’improvviso non lo risulti più. In altri termini, il pensionando si trova improvvisamente a dover rinunciare alla decisione di lasciare il lavoro, dovendo invece proseguire l’attività lavorativa, magari per altri 4 o 5 anni, fino cioè al nuovo maturare dei requisiti minimi per l’accesso alla pensione.
Qualcuno prima o poi dovrà porsi il problema di quanto possa essere psicologicamente difficile per un individuo passare nell’arco di poche settimane dalla prospettiva di una vita da pensionato (generalmente fatta di tempo libero e svago) ad una ancora da dipendente, oltretutto presumibilmente ai margini dell’attività in quanto ormai identificato come una “risorsa in uscita”…

5.7.12

Stratagemmi teatrali

La regista di una compagnia teatrale che per far salire l’adrenalina dei suoi attori prossimi a salire sul palcoscenico, dischiude la porta che separa la platea dai camerini, lasciando entrare il brusio del pubblico in attesa.

4.7.12

Fine di un sogno

Sogni che svaniscono:

(ANSA) - SILVER SPRING (USA) - Le sirene non esistono, ha affermato con tutta l'autorevolezza che gli compete l'istituto oceanografico americano, il Noaa. "Non sono mai state trovate prove dell'esistenza di umanoidi acquatici", afferma, spiegando che "le sirene del mare, metà umane e metà pesce, sono leggendarie creature marine di cui si racconta sin da tempo immemore". Ne parlavano gli antichi greci, come Omero dell' Odissea, ma anche nell'estremo oriente e persino gli aborigeni dell'Australia.
(dal Corriere della sera.it di oggi)

Peccato, costava così poco viaggiare con la fantasia...

2.7.12

Roma, eternamente eterna

Il mio rapporto affettivo con Roma, città natale e luogo di residenza, ha subito negli ultimi anni un notevole deterioramento.
A cosa questo sia dovuto non so, dato che certamente si tratta di una delle città più belle e più visitate al mondo. Riflettendoci, anche muovendo da temi differenti – estetica, sociale, clima, qualità della vita – le mie critiche convergono soprattutto su una sciatteria complessiva, declinata nelle sue differenti manifestazioni.
Trovo che Roma sia una città vittima di se stessa, del suo passato remoto, della sua immagine di città “eterna”, del suo autocompiacimento e di quello dei suoi abitanti. Ai romani, a noi romani, credo manchi il coraggio di mettersi in discussione, di lasciarci dietro l’ingombrante passato, come se ciò significasse rinnegarlo, come un figlio che conti fra i suoi antenati illustri personaggi storici.
Raramente si vede una città che evolve così lentamente nelle sue infrastrutture, nella sua sensibilità culturale, nel suo stile socio-ambientale. Risulta soffocante questa aria di vecchio che circonda Roma. Questo campanilistico orgoglio per atavici tratti caratteriali non sempre invidiabili: il romano distaccato da tutto, che affronta difficoltà e sconvolgimenti storici con pacata ironia ed un certo cinismo di fondo. Aspetto che magari potrebbe essere anche positivo in sé, se non andasse però a scapito della capacità di adottare nuovi approcci verso il quotidiano, magari ispirati ad un maggior attivismo e senso civico, ad un forte impegno per il rinnovamento e per l’innovazione.
Personalmente – al di là del gusto strettamente estetico, secondo cui le cose possono piacere o meno – ho molto apprezzato opere violentemente innovative e criticate, come il nuovo Auditorium, la copertura dello stadio Olimpico, i nuovi ponti sul Tevere, la nuova Ara Pacis, le aree espositive del Maxi e del Macro, o anche le prime aree sperimentali con copertura internet wireless. Sono opere che rappresentano atti di coraggio nel voler lanciare Roma verso il futuro, sganciandola dall’immagine cartolina indotta dagli abbaglianti e monumentali resti romani che, pur preziosi e stupefacenti, "ostruiscono" la nostra vista e infiacchiscono la possibilità di uno svecchiamento della città verso modelli realmente europei.
L’ultimo film di Woody Allen, dedicato a Roma e realmente brutto, può far riflettere su come all’estero l’immagine della città giunga sempre fortemente stereotipata e povera di segnali di modernità.

18.6.12

I motoscafi e il sole

Gruppi di uomini e donne vestiti a festa con gli abiti più sfarzosi, si dirigono verso feste esclusive a bordo di potenti motoscafi.
Dritti, in piedi sui fuoribordo che sfrecciano lanciati a tutta velocità, gli invitati esibiscono con tracotanza la loro appartenenza all’elite della città, cercando l’invidia della gente che li osserva da lontano e la curiosità dei fotografi convenuti ad accoglierli per lo sbarco.
Adeguandosi alle tradizioni del luogo che li ospita, indossano maschere multicolori. Sono maschere di piumati, di personaggi celebri, di donne fatali. Molti altri celano i tratti più personali dei volti dietro mascherine vellutate, che quasi ne ostacolano la prorompente voglia di apparire e di essere riconosciuti.
Intanto, sulle acque increspate dai rombanti motori, le ultime luci del giorno vanno disegnando cangianti riflessi sempre diversi, che paiono colate di rame o persino onde d'oro. Finchè il sole non va a nascondersi dietro le sagome brunite dei muri di lontane chiese ed abitazioni, lasciando alla notte una vanità che non gli appartiene.

13.6.12

Sulla nobiltà e la dignità

Quale nobiltà d’animo v’è in una persona che di fronte a chiunque, qualsiasi sia la posizione sociale di questi, possa esservi o meno un tornaconto dalla relazione che egli intrattiene con il suo interlocutore, si rapporta e parla con tale individuo con assoluto rispetto della sua dignità.
Calpestare la dignità di una persona ha la stessa gravità di un omicidio.

12.6.12

Ma ci serve tutto?

Deve generare effetti certamente benefici il riuscire a spogliare la nostra esistenza di una serie di lacci che ci tengono vincolati a necessità materiali assolutamente superflue e ridondanti. Si tratterebbe di mostrare disponibilità verso il ritorno ad una dimensione di vita strettamente regolata dalle esigenze basilari e da una quantità minima di “di più” che basti a soddisfare il nostro lato più ludico.
Con il trascorrere delle generazioni abbiamo invece assistito ad una tendenza inversa, secondo la quale una maggiore distribuzione della ricchezza ha reso diffuse abitudini accessorie un tempo proprie delle sole fasce di popolazione più agiate. I viaggi, le cene al ristorante, le autovetture, le tecnologie dei telefoni, dei computer, degli hi-fi, l'abbigliamento alla moda, rappresentano ormai un’abitudine di spesa frequente, dalla quale con molta fatica ci potremmo staccare.
In epoche di crisi quali l’attuale, viene automatico verificare il proprio regime di spesa, ed allora ci si accorge che molte delle cose che facciamo o compriamo non sono così indispensabili come ci possono sembrare d’istinto, ma che risultano piuttosto una sorta di gratificazione che ci concediamo per sentirci al passo con i tempi in cui viviamo, con le persone che frequentiamo o con i modelli vincenti che ci vengono somministrati dai media.
In questo senso, un periodo di forte recessione e di contrazione dei consumi familiari può rappresentare un’opportunità per ritrovare un approccio di vita maggiormente essenziale ed orientato alla sobrietà. E ritrovarsi circondati dalle sole cose che effettivamente contano, potrebbe semplificare molto la nostra vita e fortificare i nostri comportamenti a favore di una rivalutazione di valori veri, sociali, interiori.

22.5.12

Quando la televisione fa dormire

Non amo i programmi televisivi. Per dire meglio, non amo le scelte di palinsesto che oggi le reti televisive rendono disponibili sui propri canali.
Dalla nascita della televisione commerciale, il driver dell’auditel e del gradimento del pubblico è divenuto talmente preponderante rispetto a quello della qualità e della creatività, che a prevalere sono soltanto i programmi che risultano appetibili per gli investimenti delle grandi aziende commerciali interessate ad acquistare spazi pubblicitari.
Però c’è anche da dire che le reti televisive osano molto poco.
Lasciando da parte i programmi a suo tempo definiti "nazional-popolari" (ci metto dentro i varietà del sabato sera, i reality-show e quelli che speculano sul dolore altrui), assistiamo ad una pletora di trasmissioni simil-impegnate, che di fatto costituiscono una vetrina per politici, opinionisti, giornalisti, soliti noti: per capirci, quelli condotti dai Lerner, dai Santoro, dai Mentana, dalle Gruber, dai Vespa, e via dicendo.
I contenuti sono di attualità, e ci può stare. L’ascoltatore televisivo ha per fortuna interesse a capire meglio la realtà che lo circonda. Però mi sembra che siano tutti programmi sempre uguali a se stessi, molto conservatori e molto simili nello stile, nelle scelte registiche, nella dinamica del dibattito, nel richiamo ai fortunati format di oltreoceano e soprattutto nei toni saccenti che quasi sempre gli ospiti esibiscono davanti alle telecamere.
Manca invece un guizzo di fantasia e di coraggio in più, che porti ad esempio Vespa a non fare la stessa trasmissione per vent’anni di seguito o Santoro a non esibire sempre lo stesso taglio editoriale così aprioristicamente di sinistra ma in fondo spiccatamente radical chic.
E se invece la gente avesse voglia di un programma, magari più grezzo, ma di maggiore scientificità, asetticità e obiettività? Se avesse voglia di un programma che non fosse sempre di dibattito e di critica reciproca, ma di semplice ed accurata ricostruzione storica (per favore, non sul fascismo e la 2a guerra mondiale, perché se ne fanno fin troppi), di fenomeni sociali moderni come la disoccupazione, la sociologia giovanile, la diffusione della lettura dei libri o, che so, le dinamiche psico-sociali che portano una generazione ad abbracciare o meno determinate scelte politiche, morali, religiose.
Sono semplici spunti, ma anche esempi di qualcosa che possa dare una rinnovata vitalità all'esperienza televisiva. Personalmente, ogni volta che provo a sedermi davanti alla televisione, mi sale purtroppo una profonda noia e alla fine….mi addormento.




19.5.12

Da Windows a Mac

Da Windows a Mac. Ci si può sentire perduti come se ti trovassi in Cina e conoscessi solo l'italiano. Ma quanto fascino c'è nel trovarsi costretti ad esplorare strade nuove, senza il confortante affetto dell'esperienza...!

16.5.12

Sociologia in vetrina

Passeggiando per le strade di Milano mi imbatto in un negozio che offre nella sua vetrina un soprendente assortimento di T-shirt.
Tutte portano sovrimpresse spiritose scritte, che spaziano da pecorecci doppi sensi da caserma a folgoranti battute fra l'ironico ed il cinico.
Nella maggior parte dei casi si tratta di trovate molto originali e questo mi porta ogni volta che passo davanti a quel negozio, a sostare un paio di minuti davanti alla merce esposta.
L'ultima volta, una maglietta in particolare mi ha particolarmente divertito: "Su Facebook eri meglio", recitava la scritta colorata su sfondo nero.
Quando una frase puo' essere più espressiva di mille trattati sulla societa' moderna e i suoi costumi.

15.5.12

Rumori antichi

E’ l’ora del pranzo. La gente si affolla ai banconi di pizzerie e negozi di alimentari, per consumare un rapido spuntino.
Scorgo quattro bambini sui dodici anni - tre sono maschietti - che sostano nell’ombroso androne di un palazzo affacciato su una strada trafficata.
I bambini hanno trovato della carta stagnola e l’hanno accartocciata fino a formare una palla sufficientemente grande al loro scopo.
Si dispongono in circolo ed iniziano a passarsela con le mani protese in alto e senza farla cadere, come al gioco della pallavolo. Sembrano divertirsi, forse sono felici, senz’altro sono sereni.
Nell’androne del palazzo il fermento di quella gente che sta consumando il pasto, non entra. Nessuno si permette di disturbare i 4 ragazzini ed i loro semplici passatempi.
Viene quasi voglia di abbassare l’audio di quel trambusto di chiacchiere, mandibole e pizzerie, per isolare e far risaltare soltanto i rumori antichi di quelle manine che rilanciano in alto la palla senza mai arrendersi.

30.4.12

L'Adagietto di Mahler

Dopo tanto tempo mi è capitato di riascoltare il celebre Adagietto che Mahler compose come quarto movimento della sua bellissima Sinfonia n. 5.
Non sono un esperto di composizione classica e quindi non mi sbilancio in valutazioni tecniche o critiche. Mi limito invece ad affermare che, almeno per i miei gusti, questo brano - appena 12 minuti scarsi – raggiunge l’anima dell’ascoltatore come poche volte avviene quando si ascolta la musica.
L’avevo conosciuto in un cineclub quale colonna sonora del film “La morte a Venezia” di Luchino Visconti. Come molti, probabilmente. Da allora lo riascolto ciclicamente ed ogni volta che lo riascolto, compio un viaggio sovrannaturale che mi emoziona fino alla commozione.
Ascoltatelo comodamente stesi, abbassate le luci e chiudete gli occhi, lasciandovi trasportare soltanto dalla musica che raggiunge le vostre orecchie in modo così sommesso e diretto.
Per 12 minuti riuscirete a tenere spenti i cellulari e a trascurare i doveri, no? L’Adagietto di Mahler lo merita.

22.4.12

Terziario senza pace

La recente riforma di legge nel mondo del lavoro mi impone una riflessione di maggior respiro rispetto a quella di una ristretta visuale problema/soluzione.
Le dinamiche che caratterizzano l’attuale mondo del lavoro hanno assunto una dimensione preoccupante se paragonate a quelle di soltanto 6-7 anni fa. Che i processi in atto da tempo nel mondo del terziario dovessero produrre prima o poi un’onda lunga era abbastanza prevedibile. Dai primi anni novanta tale settore è stato attraversato da una crescente tendenza alle fusioni, alle ristrutturazioni societarie, alle razionalizzazioni nelle diverse voci di spesa, incluse quelle relativa ai costi del personale.
L’obiettivo di tale processo era del tutto condivisibile: prevenire la crescente competitività sul piano nazionale e internazionale, derivante da un lato dall’assottigliamento dei margini reddituali, dall’altro dalla tendenza alla globalizzazione dei mercati favorita dalle nuove tecnologie e dalle nuove economie emergenti.
Il processo che si è innescato nell’ultimo ventennio è stato impetuoso, costante e continuo, portando il mondo dei servizi a ideare, progettare, pianificare e realizzare una serie infinita di fusioni, acquisizioni, scorpori di rami d’azienda, esternalizzazioni di attività non core, privatizzazioni di aziende statali.
Peccato che agganciati alla sfera di tali operazioni societarie ci fossero milioni di lavoratori dipendenti che nel loro piccolo avevano incrociato i loro destini professionali e di sussistenza economica con le aziende coinvolte dalle stesse operazioni. Questo enorme contingente di storie umane si è trovato giocoforza a dover fare i conti ed accettare cambiamenti nel loro percorso di vita, che probabilmente mai avrebbero immaginato o scelto di affrontare. Fin qui, tutto regolare. Si sa: l’imprenditore tiene le fila e decide come produrre, dove produrre e con quali mezzi produrre, economici e umani.
L’uomo d'azienda ha così iniziato un peregrinare da un datore di lavoro all’altro, in un vorticoso mutare di carte intestate, capitali sociali, biglietti da visita, recapiti postali o email, sedi lavorative, finendo per assomigliare sempre più ad una scrivania, ad un mobile, piuttosto che ad un professionista specializzato, ad un impiegato o ad un manager.
La patologia di questi processi di accorpamento trova ovviamente il suo punto debole nel fatto che la messa in comune di due o più aziende genera sinergie di costo significative e la possibilità di fare con due persone quello che magari nelle aziende originarie si faceva con tre. Da qui la necessità di prevedere un futuro per il terzo incomodo, che volente o nolente si viene a trovare improvvisamente ad essere di troppo.
Le aziende più virtuose affrontano questo delicato processo con assessment volti ad individuare possibili utilizzi alternativi del signore in questione, il quale collocato in altri ambiti può nuovamente contribuire al reddito d’impresa e guadagnarsi il suo prezioso stipendio. Aziende meno virtuose, invece, magari per minori margini di operatività, non attivano questo processo, ed il signore in questione finisce, quando è fortunato, a svolgere attività di minore soddisfazione e, nei casi peggiori, a rischiare una progressiva esclusione dalle sorti aziendali e infine dall’azienda stessa. Soprattutto, viene da riflettere come a differenza della situazione di un tempo, oggi un lavoratore dipendente venga frequentemente messo nella condizione di dover riconsiderare il suo futuro professionale a prescindere da suoi meriti o demeriti professionali.
Allora, cosa suggerire ai nostri figli che stanno per impostare il loro percorso di studi o stanno affacciandosi sul mondo del lavoro dipendente? Resta oggi così determinante questa scelta iniziale o è preferibile sviluppare competenze personali di flessibilità, temperamento, capacità di mettersi in discussione e di adattarsi a contesti in costante cambiamento?

7.4.12

E se il 3D fosse usato in modo diverso?

Negli ultimi anni, da padre, ho avuto modo di seguire con buona assiduità la programmazione cinematografica per bambini. In genere, tutti facciamo questa riscoperta dopo che, trascorsa la nostra infanzia, questo genere di film viene un pò accantonato, in attesa appunto di diventare genitore e di tornare ad averne bisogno. Questo, a meno di una specifica passione per il genere, possibilità che però considero obiettivamente non comune.
In questi anni ho assistito alla nascita del famigerato 3D, sempre più sfruttato dai produttori e dagli esercenti per accrescere l'interesse della platea per un film, magari non eccezionale. Ed è quasi un piacere osservare la folla di bambini seduta nel cinema, rapita da vicende presentate in modo molto realistico e curato, quasi da sembrare reale. Attenzione maniacale al particolare, all'effetto speciale, alla caratterizzazione del personaggio, alle battute ironiche, quasi per adulti, ai dialoghi molto moderni e hollywoodiani. Prodigi dell'era della computer graphic.
Mi sembra però che sia ben più rara l'attenzione che viene dedicata alla poesia della storia, al messaggio sottostante, all'incisività di un personaggio che resti un punto di riferimento nella memoria spugnosa del bambino. La delicatezza di personaggi, trame, musiche, sembra una cosa del passato, morta e sepolta. Non dico Cenerentola, Biancaneve o gli altri Disney,  ma persino Heidi e Goldrake avevano una incisività  raramente raggiunta dai moderni film d'animazione (forse Il Re leone, Up e pochi altri).
Ed oggi anche le musiche sono ritmate, americane, rock, dozzinali. Proprio oggi, al cinema, ad un certo punto ho colto "London Calling" dei Clash..!!!! Ma si può mettere un brano punk-rock (per quanto celebre) a colonna sonora di un film a cartoni animati, soltanto perchè la scena si sposta nella città di Londra...??!!
Unica eccezione, i film di Kayao Miyazaki. Moderni ma strabordanti di poesia, di tratti delicati. Non a tutti piacerebbero, mi si potrebbe obiettare. Va bene, ma perchè non usare la stessa attenzione nel disegnare una trama, piuttosto che limitarsi a scenografie zeppe di artifizi ad effetto e sfondi iperrealistici, su cui montare una colonna sonora martellante e banale?
Allora sì che il 3D potrebbe essere un mezzo straordinario per commuovere, emozionare, spaventare, rassicurare i nostri bambini (ma anche gli adulti).

24.3.12

Test di umanità

Le reazioni che ci provoca la visione di un prato fiorito ad inizio primavera, è un buon banco di prova per capire se facciamo ancora effettivamente parte della categoria degli esseri UMANI.

18.3.12

Un Bob Dylan del 1966

Mi capita di riascoltare dopo tanto tempo una vecchia canzone di Dylan, "Stuck Inside The Mobile With The Memphis Blues Again" e di trovarla di una bellezza abbagliante.
Ha quarantasei anni questo brano e profuma di New York in ogni sua sfumatura o nota. Una ballata elettrica che scorre per 7 minuti lungo una melodia geniale, con una voce che è assoluta espressione di un uomo nel fulgore della sua giovinezza, una ritmica pulita, veloce, fresca, ed un mood che non può non trasmetterti la bellezza della vita.
Ovvero: quando la musica ti fa sentire orgoglioso di essere uomo del tuo tempo, quando ti fa venire voglia di ribellarti, di lottare contro le ingiustizie, contro i soprusi, contro i politici che si disinteressano della gente normale, contro il degenerare dei valori e della cultura, contro gli stupidi e i superficiali.
Già in passato ho avuto modo di accennare a Bob Dylan in questo blog, non vorrei trovarmi a farlo troppo spesso. Ma ci sono cose che non si possono trattenere. Come l'amore vero.

13.3.12

Belen o lo stil novo?

Capita spesso, sfogliando quotidiani o riviste, di imbattersi nelle fotografie delle molte ragazze che i nostri media moderni hanno elevato a starlette del ventunesimo secolo, grazie ad un fortunato passaggio in un reality show, in un altrettanto "redditizio" party  in località Arcore (...) o in qualche "cinepanettone" natalizio.
Sono ragazze molto belle, sempre attente a valorizzare al massimo il loro sex appeal, con un'attenzione quasi maniacale ad abbinare abiti e look di assoluta tendenza e, molto spesso, appariscenti.
Però in questi giorni mi è anche capitato di leggere un breve articoletto che riandava al periodo artistico letterario che fu definito dello stil novo. Si parla quindi di oltre 800 anni fa...! Oggetto del testo in questione era l'ideale femminile di quell'epoca e l'immagine che i poeti attribuivano alla donna, considerata quasi un tramite tra gli uomini e Dio.
I tempi cambiano. Forse la Laura di Petrarca - che, va detto, a suo tempo già sdoganava un amore maggiormente terreno rispetto a quello dello stil novo -  era una Belen Rodriguez dell'epoca.... ma sarebbe superficiale mettere a confronto due epoche così distanti fra loro, temporalmente ed anche filosoficamente.
Concludendo quella lettura, riflettevo però che a differenza di oggi, in cui tutto viene ricondotto ad un unico modello di femminilità fortemente proiettato all'esteriorità - modello considerato vincente e di grande attrattiva per uomini, case di moda, agenzie di pubblicità, programmisti televisivi, vip e gente comune - ai tempi dei Petrarca o dei Cavalcanti, nella donna si celebrava una bellezza quasi sovrannaturale, neoclassica, che volente o nolente costringeva l'uomo a specchiarsi nell'Eterno.
Peccato che si sia persa questa sensibilità, perchè la bellezza vera, delicata, celata, inebriante, profonda, raffinata, perlacea, quella scolpita dalle morbide forme marmoree di Antonio Canova, è qualcosa di molto più prezioso, che rende - questa volta sì - vera giustizia alla grandezza della femminilità ma anche alla sensibilità percettiva del fortunato uomo che la sa individuare. 


11.3.12

Questione di coscienza

C'è una categoria di mendicanti cui non so resistere ed ai quali lascio il mio obolo con sincera gratitudine.
Ormai ogni genere di venditori di beni o di servizi si affolla davanti alle nostre autovetture ferme ai semafori, ma anche fuori dai negozi, fuori dagli uffici, all'uscita dei cinema o delle chiese.
Tutti costretti a scendere a compromessi con il proprio orgoglio e la propria dignità di esseri umani, perchè quando si ha fame o si è disperati è difficile ricordare cosa possa essere la dignità o l'orgoglio.
Sono talmente tanti che - noi gente volgare - osiamo anche infastidirci di essere sollecitati così tante volte a mettere mano al portafoglio. Ci sentiamo assediati, ci sentiamo troppe volte costretti a fare i conti con la nostra coscienza, a cercare di fargliela franca sperando che essa non si accorga del nostro tirare dritti.
E' vero, occorrerebbe troppo per soddisfare tutte le richieste. Ci accontentiamo di farlo ogni tanto. La nostra elemosina aiuta magari un povero su cinque, quando invece tutti e cinque necessiterebbero del nostro buon cuore. Questa è la piccolezza del nostro essere umani, la debolezza di non saper mai andare oltre, di non saper veramente sacrificare del nostro per un altro uomo, magari privandoci del nostro indispensabile.
Però, c'è una categoria di mendicanti in particolare che mi spiazza, davanti alla quale il mio cuore è nudo e la mia coscienza è pura come quella di un angelo. Sono in pochi a vendere una canzone, un pezzo di fisarmonica, a suonare un brano di chitarra accompagnandosi con un tamburino elettrico trainato su un carretto. Sono pochissimi quelli che affidano ad un vecchio violino, ad una stonata armonica a bocca, il destino quotidiano del loro stomaco.
A costoro darei tutto quanto ho, perchè quando doni musica meriti in cambio eternità.

2.3.12

Balla balla ballerino



Lucio Dalla non c'è più. Da ieri siamo orfani di uno dei più geniali artisti che la musica italiana abbia avuto. Ora siede nell'olimpo dei cantautori, accanto a Fabrizio De Andrè, Lucio Battisti, Luigi Tenco, Rino Gaetano e pochi altri.
Oggi ho scelto di non leggere gli articoli della stampa, perchè i miei ricordi non si confondano con i tanti commenti dei giornalisti.
Ricordi fatti dei tanti concerti cui ho assistito: quelli con De Gregori, quelli da solo, le Feste dell'Unità a Castel Sant'Angelo a Roma, quello sullo sfondo del colle Palatino illuminato, l'ultimo, bellissimo, al Sistina.
Ricordo poi di averlo incontrato in un ristorante di Bologna e mi fece simpatia il gusto che metteva nel consumare un appetitoso piatto emiliano.
Lo ricordo nei primi anni '70, quando per la "tv dei ragazzi" presentava una trasmissione di fumetti. E ricordo un 45 giri di 4/3/1943 che inserivo spesso nel mio primo mangiadischi, affascinato da quella musica così intimistica e autobiografica che apriva la strada al mondo dei cantautori.
Dalla a mio avviso era un vero genio. Non tutte le sue cose sono degne di memoria, ma moltissime sono dei capolavori di creatività, fantasia e composizione musicale.
E quando nelle serate estive passeggerò per i vicoli di Roma, non mi sarà facile non commuovermi al ricordo de "La sera dei miracoli".
Lui ora è lassù. Balla, balla, unico, inimitabile ballerino!

25.2.12

Il venditore di pesciolini

Entro nel negozio che è ormai tardo pomeriggio. Il locale è in penombra. Le luci che più si notano sono quelle colorate che rischiarano i fondali degli acquari, disposti in file e pile come se New York fosse Atlantide. In ogni riquadro famiglie di pesciolini ruotano placidamente attorno alle verdeggianti alghe, ricevute in pietoso dono dal proprietario del negozio. Lui è dietro il bancone. Non mi rivolge la parola quando entro, ma imperterrito prosegue nella visione di un film sul suo computer portatile. Le voci degli attori sono mescolate ad uno sciabordio di acque ed onde: penso che sia la cosa più normale in quel posto. L'acqua dei pesciolini è invece silenziosa, umile, rispettosa di quegli esserini multicolori che imprigiona ma cui dà vita. Passo in rassegna le vaschette una ad una. Mentre guardo le diverse specie, distinguibili per gli strabilianti colori donati da madre natura, penso che mai comprerei  un acquario per esibirlo in casa. I pesci come i canarini non vanno sottratti agli spazi immensi.
Il negoziante continua arcigno a guardare il suo film. Ugualmente non mi saluta quando esco dal negozio come fuoriuscissi dal portellone di un sottomarino immerso negli abissi marini per risalire alla superficie della vita.

17.2.12

La caduta degli dei

Un dolore difficilmente sopportabile, oltre a segnare la nostra vita, ci offre l'opportunità di rileggerla, di capirla e di reindirizzare gli anni a venire.
Talvolta, precipitiamo a valle dalla più alta delle vette, come un dio pagano fattosi di colpo terreno, ed allora ci sembra di morire.
Ma rialzandoci a fatica, lividi, confusi, sporchi di terra ed incrostati dal sangue delle ferite, assetati e mezzi ciechi, scorgiamo all'orizzonte una nuova mèta e, trascinandoci faticosamente verso di essa, riscopriamo per magia, strada facendo, le forze delle nostra membra, il vigore della nostra mente, la profondità della nostra anima. 

Una nuova Italia?

Il Governo Monti sta operando al meglio per tirar fuori l'Italia dalla melma in cui il precedente Governo (ma non solo) l'aveva fatta impantanare.
Per la prima volta qualcuno ha il coraggio di opporsi alle rendite di posizione, alle caste, ai privilegi, alla superficialità dilagante nel Paese. Monti ha avuto la forza ed il coraggio di dire no alla candidatura di Roma ai giochi olimpici; follia soltanto proporla nello stato dei conti in cui ci troviamo!
Finalmente i Ministri si impegnano per perseguire il bene pubblico, lucidamente e senza i soliti compromessi.
Anche se riuscisse a fare soltanto il 20% di quello che si è prefisso, questo Governo entrerebbe di diritto nella storia della nostra democrazia. Con il Presidente Napolitano, un uomo retto, senza il quale tutto questo non sarebbe stato possibile.

12.2.12

Hugo Cabret



Oggi ho visto "Hugo Cabret", splendido film di Martin Scorsese. Un film sul cinema e sulla sua capacità di dare concretezza ai sogni. Ma anche un film di valori, di sentimenti veri, poetico e entusiasmante come pochi. Da non perdere.